Vogliamo chiarire fin dall’inizio che non siamo un magazine per famiglie. Se sei la sorella, la moglie o la suocera di un uomo, e hai preso questa rivista per sbaglio, per favore passala a lui e torna al tuo Ladies Home Companion
Così scriveva Hug Hefner nell’editoriale che apriva il primissimo numero di Playboy, la rivista da lui fondata e che vedeva la luce nel nel dicembre del 1953, con una foto di Marilyn Monroe in copertina.
Sessantaquattro anni dopo e innumerevoli scandali trascorsi, lo storico fondatore della rivista si è spento ieri, mercoledì 28 settembre, nella sua casa vicino a Beverly Hills, la celebre “Playboy Mansion”, circondato dall’affetto die suoi familiari. La notizia è stata data dalla sua società, la Playboy Enterprises.
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Anche dopo la sua morte, Hugh Hefner è riuscito a dividere l’opinione pubblia sul suo conto: c’è chi ne decanta lo spirito libero e rivoluzionario, chi invece lo accusa di aver costruito la sua ricchezza su un bieco sfruttamento del corpo femminile e chi lo vedo solo come un vecchietto prigioniero della vecchia immagine di “playboy”. Quel che è certo è che nessuno potrà mai dimenticare la figura di Hugh Hefner, un uomo capace di incarnare al meglio il simbolo della rivoluzione sessuale, dell’edonismo, del consumismo e, più in generale, di quel vento nuovo che stava cambiando l’America e il mondo all’alba degli anni ’60.
Con lo scorrere del tempo Playboy e il suo fondatore sono forse scaduti, prigionieri della loro stessa deriva più bollente e provocatoria, ma non va dimenticato che alla sua nascita e nel suo periodo di massimo splendore, tra gli anni ’60 e ’70, Playboy pubblicava interviste a Miles Davis, Bertrand Russell, Malcolm X, Ingmar Bergman, Henry Miller e Cassius Clay e faceva uscire sulle sue pagine acconti brevi di scrittori importanti come Norman Mailer, Vladimir Nabokov, Gabriel Garcia Màrquez, Jack Kerouac, John Updike e Chuck Palahniuk. Ma sopra ogni altra cosa Hugh Hefner ha saputo dar vita a una rivista capace di incarnare il bisogno di libertà di un intero Paese e, perché no, di buona parte del Pianeta: “se sei un uomo tra i 18 e gli 80 anni, Playboy fa per te”, scriveva Hefner nel suo primissimo editoriale, e così era poiché Playboy era ciò che il mondo attendeva per dire addio al perbenismo borghese, al moralismo e all’intolleranza.
Se dunque i matrimoni a suon di tradimenti, quelli con ragazze fin troppo giovani, gli eccessi di una dimora da 100 milioni di dollari verranno probabilmente dimenticati, di Hugh Hefner non si potrà certo oscurare lo spirito libero, aperto e lontano da ipocrisie o discriminazioni, oltre a un pizzico di edonismo capace di parlare alla parte più nascosta di ogni essere umano. L’addio di oggi è dunque un saluto a uno dei pochi spiriti autenticamente liberi che hanno camminato su questa terra.