Ansia e depressione da Coronavirus: perché colpisce principalmente le donne?

Il Coronavirus ha causato un grave aumento di sintomi di ansia e depressione, ma perché le donne sono le più colpite? Si tratta di un problema sociale: ecco come si può tenere il rischio psicologico sotto controllo.

ansia depressione coronavirus
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L’Italia è stata uno dei primi paesi colpiti dalla pandemia: per questo motivo oltre alle difficoltà che hanno incontrato tutti i cittadini del mondo nel corso del 2020, gli italiani hanno anche dovuto far fronte all’agitazione derivante dall’enorme incognita sul futuro e dal dover affrontare una situazione completamente nuova e assolutamente imprevedibile.

Per questo motivo gli psicologi italiani Delmastro e Zamarola hanno deciso di utilizzare proprio un campione di cittadini italiani per indagare le conseguenze della pandemia a livello psicologico sui cittadini del mondo.

Ne è emerso un quadro piuttosto allarmante, all’interno del quale si delinea una sorta di identikit dei soggetti più esposti al rischio di depressione e, purtroppo, quella che deriva dal Coronavirus è una depressione di genere, che colpisce cioè le donne più degli uomini.

Perché questo avviene e, soprattutto, come si può controllare il fenomeno ed evitare che degeneri in uno stato depressivo grave?

Perché le donne sono più esposte alla depressione da Coronavirus?

Stress in famiglia
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La pandemia ha trasformato le nostre case nei luoghi più sicuri in cui stare. Moltissime attività che si svolgevano all’esterno delle quattro mura domestiche sono state invece “importate” nell’ambiente casalingo attraverso il digitale.

La scuola, il lavoro, la socializzazione oggi vengono mediati dagli schermi dei computer e ricadono sulla responsabilità del singolo individuo, quando naturalmente questo individuo è adulto.

Il problema del carico mentale

A fare le spese di questo enorme aumento di responsabilità sono state per la maggior parte le donne, che in linea generale sono le responsabili della gestione casalinga.

Sono aumentati gli impegni da incastrare tra loro affinché tutte le attività necessarie al benessere della famiglia siano svolte, ma le necessità familiari sono rimaste identiche: è necessario ancora cucinare, pulire la casa, provvedere agli acquisti, rispondere alle esigenze fisiche ed emotive di ogni membro della famiglia.

Soddisfare questo enorme numero di impegni e di responsabilità ogni giorno genera un carico mentale davanti al quale prima o poi si soccombe.

Un tempo gran parte di queste attività permettevano di uscire di casa e alleggerire lo stress che si accumulava in maniera sempre più insostenibile all’interno di essa.

Da quando questo non è più stato possibile, le donne hanno perduto una importante valvola di sfogo per il loro benessere psicologico.

L’ansia dell’essere madre

Dal momento che le donne si incaricano spesso di una parte enorme della cura dei figli, si trovano a maturare anche un’ansia molto maggiore per il futuro.

“Cosa accadrà tra sei mesi? E se il bambino dovesse ammalarsi? E se io dovessi ammalarmi, il bambino coma farà?” sono pensieri intrusivi che le donne stanno sperimentando molto più che in passato e che peggiorano enormemente i loro stati d’ansia.

Il problema economico

Lo studio condotto in Italia ha dimostrato che a manifestare i maggiori segni di ansia sono stati anche quei milioni di lavoratori la cui situazione economica è stata resa precaria o addirittura disastrosa dalla pandemia.

Anche se le persone a trovarsi in questa situazione sono sia uomini che donne, è importante sottolineare che le donne hanno un trattamento salariale peggiore rispetto ai colleghi uomini, anche a parità di mansioni. Questo significa che, di base, le donne hanno una situazione economica più precaria e meno gratificante degli uomini anche in tempi normali: è logico quindi che subiscano più dei colleghi uomini lo stress per un ulteriore abbassamento delle loro entrate economiche.

Lo smart working e la solitudine imposta

Lo smart working o, meglio, il telelavoro, hanno permesso a milioni di italiani di continuare a lavorare senza andare in ufficio, salvando gran parte dell’economia del nostro paese come quella di molti altri.

Questo però non significa che, a livello strettamente psicologico, lo smart working sia solo positivo per il lavoratore.

Al contrario i dati hanno dimostrato che le persone che hanno continuato a lavorare fuori casa, magari con le dovute restrizioni e a giorni alterni, hanno presentato sintomi di depressione meno evidenti.

Chi ha sempre lavorato in ufficio ed è stato costretto a lavorare da casa ha infatti “importato” in un ambiente privato tutto lo stress legato al lavoro e non ha più nemmeno la possibilità di eseguire quello “stacco mentale” che avviene anche a livello inconscio quando attraversiamo la porta di casa.

Molti lavoratori in smartworking stanno infatti vivendo giornate di lavoro eterne, durante le quali non si vive mai o non si vive in maniera soddisfacente la divisione tra ambiente lavorativo e ambiente privato, finendo con il non rilassarsi mai.

Naturalmente le cose peggiorano in maniera considerevole se si vive da soli e si lavora in smart working: l’isolamento mentale a cui costringe la concentrazione sul lavoro si somma all’isolamento fisico a cui diventa difficile porre rimedio a causa del coprifuoco e delle altre misure di contenimento del contagio.

Il peso del dolore

Un peso enorme che tutto il mondo sta sopportando in questi mesi è quello del lutto globale che sta colpendo il pianeta.

Milioni di morti, persone giovani e anziane in grave pericolo di vita, la paura di essere contagiati in un qualunque momento e subire le conseguenze più spaventose della malattia: sono questo fattori scatenanti dell’ansia e dello stress da lutto.

Naturalmente questo tipo di stress è condiviso da uomini e donne in maniera dolorosamente equa, tuttavia anche in questo caso pare che siano le donne a farne le spese maggiori, a causa degli altri tipi di stress e alle altri fonti d’ansia che si trovano ad affrontare.

Quando le donne devono salvarsi da sole dalla depressione da Coronavirus

donna con mascherina
(Fonte: Pixabay)

Il problema maggiore, nella maggior parte dei casi di ansia e depressione a carico delle donne è che le donne in difficoltà non parlano dei propri stati d’animo per diversi motivi.

Il primo è che si teme di essere “bollate” come isteriche, instabili o deboli, degli stigma che molto spesso vengono affibbiati alle donne, considerate spesso eccessivamente o inutilmente emotive.

In secondo luogo è il senso di responsabilità a far sì che le donne in questo periodo non vogliano concedersi debolezze, assumendo sulle proprie spalle un peso immane poiché credono che, senza di loro, la famiglia potrebbe trovarsi in eccessiva difficoltà.

Imparare a delegare le mansioni ad altri membri della famiglia, anche ai più giovani, è invece fondamentale in questo momento storico in cui si trascorre tanto tempo in casa, responsabilizzando il più possibile tutti coloro che condividono lo stress della pandemia.

Inoltre, bisognerebbe fare un immane sforzo di liberazione di se stesse, cercando di ritagliarsi dei momenti della giornata in cui dedicarsi soltanto ai propri desideri e a qualcosa che “ricarichi” le energie mentali ed emotive. Purtroppo, fare queste piccole concessioni spesso è estremamente difficile, poiché subentrano i sensi di colpa per aver “rubato” alcuni minuti ai propri impegni quotidiani.

Scrivere diario
(Fonte: Pixabay)

Una buona tecnica di gestione dell’ansia, in grado di concentrare le energie mentali su un’operazione di auto analisi è quella di scrivere un diario personale raccontando ciò che è accaduto nel corso della giornata come se si trattasse di un piccolo romanzo. Questo permetterà di analizzare i propri pensieri e le proprie paure, talvolta dimostrando che, una volta espresse, non sono poi così spaventose o non sono così concrete come appaiono quando le lasciamo crescere nella nostra testa.

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