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Autismo infantile, come riconoscerlo: cause, sintomi e comportamento

Autismo infantile: come riconoscerlo, come  comportarsi, le cause, i sintomi e le cure possibili nel bambino affetto da disturbo del neurosviluppo

Autismo infantile: come riconoscerlo (Istock Photos)

L’autismo infantile è un grave disturbo del neurosviluppo, pregiudica le capacità di interazione e comunicazione sociale, induce comportamenti ripetitivi e limita drasticamente il campo degli interessi.
Attualmente, le cause di autismo sono poco chiare. Secondo alcune teorie, la sua comparsa sarebbe dovuta a fattori di natura genetica e/o ambientale.

L’autismo rientra in quelli che vengono definiti “disturbi pervasivi dello sviluppo”, un insieme di disturbi complessi comprendenti, tra gli altri, la sindrome di Asperger, il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato (complessivamente definiti come disturbi dello spettro autistico), che possono manifestarsi con gradi variabili di gravità. Si tratta di disturbi che dipendono da un alterato sviluppo del cervello.
Chi ne è affetto presenta problemi di interazioni sociali, problemi di comunicazione (verbale e non) e comportamenti ripetitivi. Possono essere inoltre presenti disabilità intellettiva, alterazioni della coordinazione motoria, disturbi gastro-intestinali. Ma come riconoscere tale disturbo e come comportarsi con un bimbo autistico? Cerchiamo di chiarire anzitutto gli aspetti principe per cui un bimbo può essere affetto da disturbo neuropsichico grave. In più, facciamo chiarezza e capiamo qual è l’età in cui tale disturbo, può comparire e le cause.

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Autismo infantile: cos’è

Autismo infantile, cos’è (Istock Photos)

L’autismo, come abbiamo appena accennato, è un disturbo che compromette il giusto sviluppo comunicativo, le capacità di interazione e comunicazione sociale, induce comportamenti ripetitivi e limita in maniera drastica il campo degli interessi.
Pertanto, una persona autistica è un soggetto che fatica a inserirsi nel contesto sociale, risulta ripetitivo in alcuni suoi comportamenti ed è privo di interessi e della volontà di cimentarsi in nuove attività.
L’autismo è una condizione di carattere permanente, che, su chi ne è affetto, ha conseguenze fin dalla tenera età. E’, dunque, un disturbo generalizzato dello sviluppo di origine genetica con una forte interazione ambientale. Non è una malattia nel senso classico del termine, perché non è possibile curare l’autismo. Tuttavia, è possibile prendersene cura con interventi psico-educativi strutturati che portano all’abilitazione e al miglioramento della qualità della vita sia dei bambini che degli adulti autistici, ma anche dei loro genitori o dei loro familiari.

In Italia, negli anni ’70 si parlava di un autistico ogni 40-50mila abitanti, oggi parliamo di un autistico ogni 100 abitanti. Queste sono stime internazionali che si possono applicare anche al nostro Paese, anche se non abbiamo un conteggio preciso della situazione.
Questa disparità di cifre non dipende dal fatto che l’incidenza dell’autismo sia aumentata (forse solo in minima parte), ma dal cambiamento degli strumenti diagnostici. Per definire l’autismo, spesso gli psichiatri e gli psicologi utilizzano il termine di “malattia dello spettro autistico“.
La parola “spettro” fa riferimento alla vasta gamma di sintomi e segni che l’autismo può provocare, e alla loro notevole variabilità in fatto di gravità.

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A quale età l’autismo infantile può comparire?

Autismo infantile, a quale età compare? (Istock Photos)

I problemi legati al disturbo del neurosviluppo infantile dello spettro autismo compaiono già nella prima infanzia, cioè intorno al 2°-3° anno di vita e persistono per tutta la vita.
Fondamentale la presa in carico tempestiva del soggetto, intervenendo per esempio con qualche forma di terapia comportamentale. Non esistono cure definitive, ma sono disponibili trattamenti che possono essere d’aiuto. Questa condizione autistica tra i bambini, la cui diffusione è in aumento, secondo recenti stime americane, interessa un soggetto su 88, con i maschi colpiti 4-5 volte più di frequentemente rispetto alle femmine.
In Europa la diffusione varia da paese a paese: si passa da una prevalenza di 1 su 160 in Danimarca, a una prevalenza di 1 su 86 in Gran Bretagna.

Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, in Italia 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenta un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi: i maschi sono colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine. Ad oggi non è stata individuata con certezza la causa dei disturbi dello spettro autistico, ma in un 10-15% dei casi è individuabile una causa genetica. In questo caso si parla di forme di autismo secondario. In teoria, la diagnosi di autismo andrebbe fatta entro i primi tre anni di vita del bambino. Tuttavia, non esistono esami oggettivi in grado di dirci se nostro figlio è affetto da questa sindrome: la diagnosi, infatti, si basa su dati clinici e cioè sull’osservazione del comportamento del bimbo. Tra l’altro molti bambini a sviluppo “tipico” presentano alcuni tratti autistici. Per questo è molto difficile fare una valutazione ed è quindi molto importante rivolgersi a degli specialisti.

Quali sono le cause che portano allo sviluppo dell’autismo nei bimbi

autismo infantile, fattori genetici (Istock Photos)

Nell’ultima edizione del DSM (V edizione), redatta nel 2013, al termine “autismo” fanno capo, oltre all’autismo definito poc’anzi, altre svariate problematiche del neurosviluppo, tra cui: la sindrome di Asperger, il disturbo disintegrativo dell’infanzia e il disturbo pervasivo dello sviluppo.
L’inclusione di queste problematiche sotto la voce “autismo” si spiega col fatto che, secondo gli psichiatri, sono a tutti gli effetti sottoforme di autismo.
Questa visione è, decisamente, recente, in quanto, fino alla penultima edizione (DSM-IV), disturbi come la sindrome di Asperger o il disturbo disintegrativo dell’infanzia rappresentavano entità patologiche a sé stanti. I ricercatori devono ancora individuare le precise cause dell’autismo.
Secondo alcune teorie, la comparsa del suddetto disturbo del neurosviluppo sarebbe legata a fattori di natura genetica o a particolari fattori ambientali. Nello specifico, distinguiamo i due fattori:

  • Fattori di natura genetica: le osservazioni fatte a tal proposito indicano fattori genetici che incidono pesantemente sullo sviluppo del disturbo. Per esempio, il fatto che molte persone autistiche hanno, o hanno avuto, parenti con problematiche analoghe. In alcune circostanze, il grado di parentela è davvero assai elevato (per esempio, nel caso dei gemelli) e questo non fa altro che avvalorare la teoria delle cause genetiche. Oppure il fatto che alcuni soggetti con autismo sono portatori di particolari malattie genetiche, tra cui: la sindrome dell’X fragile, la sindrome di Williams, la sindrome di Angelman e la sindrome di Rett. In ultimo, anche il fatto che alcuni esperimenti hanno rilevato l’esistenza di geni coinvolti nello sviluppo del cervello e nel controllo di tutte quelle funzioni cerebrali, compromesse in presenza di autismo.

Specifichiamo, però, che ad oggi, nessuna ricerca scientifica ha dimostrato con assoluta certezza una correlazione genetica tra alcune mutazioni genetiche e la presenza di una qualsiasi forma di autismo.

  • Fattori di natura ambientale: i fattori ambientali che potrebbero incidere sulla presenza dell’autismo sono:
  • La nascita prematura.
  • Un parto è prematuro quando ha luogo almeno tre settimane prima dell’ ultima settimana di gravidanza.
  • L’assunzione, da parte della madre, durante la gravidanza, di alcol o determinati farmaci (come per esempio il sodio valproato).
  • L’esposizione massiccia della madre ad ambienti dall’aria assai inquinata.
  • Le infezioni materne, contratte dalla madre durante la gravidanza.
  • L’età avanzata dei genitori al momento del concepimento.

Queste sopraelencati possono essere i fattori di natura ambientale che ricercatori hanno evidenziato (ipotesi non ancora del tutto accertate) di uno sviluppo del disturbo dello spettro autistico nel bambino. Ecco per quale motivo sono in corso diversi esperimenti, il cui obiettivo è dimostrare l’effettiva connessione tra i punti sopraccitati e la condizione di autismo.

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In passato e fino alla fine degli anni ’80, si pensava che l’autismo fosse una problematica derivante da questioni di tipo psico-relazionale: le responsabili erano le mamme   anaffettive, con comportamenti algidi nei confronti dei figli piccoli, che non erano in grado di voler abbastanza bene ai loro figli. Negli ultimi vent’anni tutto questo è stato sconfessato grazie anche all’intervento delle associazioni dei genitori.
Adesso si sa che l’autismo è una sindrome di origine genetica che ha forti influenze dal punto di vista delle interazioni ambientali. Tuttavia, è ovvio che la genetica non basta per spiegare questo fenomeno, anche perché in genetica il rapporto tra genotipo e fenotipo non è di causa-effetto, ma di predisposizione. Ciò vuol dire che un soggetto può essere predisposto all’autismo, ma non svilupparlo, oppure essere poco predisposto ed esserne affetto.

Per ciò che riguarda le cause, dobbiamo sfatare alcuni miti legati proprio all’autismo e alle cause (errate) che si pensavano potessero avere una qualche influenza sullo sviluppo dello spettro autistico nei bambini. Per esempio, non è vero che la causa della comparsa dell’autismo dipenda anche da:

  • La vaccinazione contro il morbillo, gli orecchioni e la rosolia (vaccino MPR) portano alla comparsa di tale disturbo.
  • L’esposizione al thiomersal, un conservante per vaccini che viene usato anche nella preparazioni di disinfettanti o l’inchiostro per tatuaggi.

Ormai sono più di 15 anni che, ricercatori, medici e ricerche scientifiche, hanno appurato che tali esposizioni (vaccini per es.) non sono la causa dello sviluppo della malattia.

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Autismo infantile: quali sono i sintomi e i comportamenti del bimbo

Autismo infantile, i comportamenti dei bimbi (Istock Photos)

Abbiamo già detto che l’autismo infantile può comparire intorno ai 2-3 anni di vita del bimbo ma, è solo con l’inizio della scuola che la malattia può palesarsi completamente e in maniera inequivocabile. Questo perché, quando il bambino affetto da autismo entra in contatto con la sfera comunicativa esterna, e dunque con interazione e socializzazione con altri bambini e, in generale altre persone a lui/lei sconosciute, si crea una sorta di muro, un blocco ed iniziano a palesarsi le prime vere problematiche. Diciamo anche che la sintomatologia dell’autismo è estremamente variabile, sia per quanto concerne l’entità dei sintomi sia per quanto riguarda la gravità.
Di conseguenza, ogni paziente autistico rappresenta un caso a sé stante, differente da tutti gli altri.
In un bambino autistico, i sintomi dell’autismo che denotano problemi di comunicazione con gli altri sono:

  • Un ritardo nello sviluppo del linguaggio.
  • La tendenza a evitare il linguaggio parlato.
  • Non risponde al proprio nome quando lo si chiama
  • La frequente ripetizione di un set di parole o frasi.
  • Parlare con un tono che suona monotono e uniforme, come se mancasse la capacità di adattarlo alle situazioni in atto.
  • La tendenza a interpretare alla lettera qualsiasi cosa sentita e la scarsa capacità di riconoscere un modo di dire o una frase dal tono sarcastico o umoristico.
  • La tendenza a comunicare con singole parole, piuttosto che con frasi.
  • La mancata risposta alla pronuncia del proprio nome, da parte di altre persone. Per questa loro stranezza, i soggetti autistici sembrano, talvolta, degli individui con problemi di udito.
    In realtà, però, le loro capacità uditive sono quasi sempre normalissime.
  • Il totale disinteresse (che pare quasi fastidio) verso “coccole” e gesti di tenerezza, rivolti da genitori e da altre persone.
  • La preferenza per restare e giocare da soli.
  • Rispondere in maniera stizzita o aggressiva, senza alcun motivo particolare.
  • La tendenza a evitare il contatto visivo.
  • Il mancato utilizzo di gesti ed espressioni facciali, per comunicare.
  • Non divertirsi in situazioni, solitamente, piacevoli per i coetanei, come per esempio le feste di compleanno.
  • Lo scarso interesse nel voler fare amicizia con i propri coetanei.
  • La tendenza a essere invadenti.

Tuttavia, bisogna ricordare che tutti questi elementi possono verificarsi anche nei bambini a sviluppo tipico. Per questo è meglio rivolgersi a uno specialista del settore, in modo da evitare errori che possono avere pesanti ricadute sulla vita del bambino.

Per ciò che riguarda, invece, la sfera comportamentale, un bambino affetto da autismo può presentare tali comportamenti:

  • Eseguire movimenti ripetitivi, come per esempio dondolarsi avanti e indietro o sbattere le mani.
  • Utilizzare i giocattoli in modi diversi, rispetto ai loro veri scopi.
  • Legato alla ripetitività della quotidianità talmente tanto che un cambiamento nella giornata, anche minimo, viene visto come un dramma
  • Provare forte attrazione o marcata repulsione verso i cibi, a seconda del loro colore o della preparazione.
  • La tendenza ad annusare giocattoli, oggetti e persone, per motivi inspiegabili.
  • Avere pochissimi interessi, ma maniacali. È assai frequente che i soggetti autistici sviluppino una particolare attrazione per alcune attività od oggetti e vi dedichino la maggior parte del proprio tempo giornaliero.
  • Dimostrare una particolare sensibilità alle luci intense, a certi suoni o al contatto fisico (anche quando non è doloroso).
  • Essere in movimento costante.

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Cosa fare se si notato alcuni di questi sintomi nel bambino?

Come comportarsi con un bimbo autistico (Istock Photos)

Ovviamente, il genitore la prima cosa che dovrà fare è rivolgersi al pediatra di base, il quale indicherà gli esami (eventualmente) da sostenere. La prima osservazione è sempre fatta in casa, dai genitori stessi che, notano che nel proprio bimbo, qualcosa non va come dovrebbe. Se non risponde al proprio nome quando lo si chiama (dopo i 12 mesi d’età), se non interagisce con altre persone e tende ad isolarsi e a chiudersi a riccio, oppure se il bebè ha difficoltà nell’apprendimento del linguaggio, questi possono essere, per i genitori, i primi campanelli d’allarme. Secondo il parere dei medici, i genitori dovrebbero sottoporre il proprio figlio a controlli specialistici se:

  • a 6 mesi:, non sorride o non denota alcun segno di gioia/allegria.
  • a 9 mesi: non emette suoni e non mostra particolari espressioni facciali.
  • a 12 mesi: non vocalizza.
  • a 14 mesi: non esegue alcun gesto di ritorno, non indica, non si allunga ecc.
  • a 16 mesi: non parla.
  • a 24 mesi (2 anni): non pronuncia frasi di due parole.

In generale, l’iter diagnostico per l’individuazione dell’autismo coinvolge un team di professionisti  e prevede una serie di analisi e test valutativi. Di sicuro non esistono esami strumentali: non esistono test oggettivi, come l’esame del sangue o una risonanza magnetica, che ci possano dire che il bambino è autistico.
Quindi cosa fare? come in tutte le cose e in questo caso ancora di più,  prima si interviene meglio è. E poi è importante coinvolgere fin da subito i genitori nel trattamento, perché se è vero che non si può guarire dall’autismo è anche vero che possiamo abilitare il bambino in condizioni di autismo per fare in modo che impari tutte le cose che servono per la sua vita e per la sua quotidianità, dal vestirsi al lavarsi, fino anche alle abilità cognitive.

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Indicazioni per la famiglia con bambino autistico: i percorsi da intraprendere

Autismo infantile, percorsi possibili (Istock Photos)

Le conoscenze sull’autismo sono in continua evoluzione, anche se numerosi aspetti di questo disturbo non sono ancora del tutto chiari. Questo perché l’autismo è un disturbo complesso, costituito da una “famiglia” di disturbi con caratteristiche simili ma che si esprimono in modi e livelli di gravità molto variabili tra loro. E’ fondamentale il ruolo e la conoscenza sui comportamenti e i percorsi da intraprendere per i genitori che hanno in casa un figlio affetto da autismo infantile. Quale percorso scegliere per “curare” il disturbo autistico? I percorsi sono diversi, includono quelli con interventi farmacologici o, al contrario, quelli senza interventi farmacologici.

  • Gli interventi con approccio non farmacologico:In questo tipo di approccio i genitori vengono guidati dai professionisti ad apprendere e ad applicare nella quotidianità le modalità di comunicazione e gli interventi utili per favorire lo sviluppo e le capacità comunicative del figlio. Questi interventi sono utili sia per i bambini, che possono migliorare le proprie capacità di comunicazione e alcuni comportamenti tipici dell’autismo, sia per i genitori, perché li aiutano a interagire con i figli e così riducono il senso di impotenza e l’angoscia che sono spesso presenti.
  • programmi intensivi comportamentali: si tratta di approcci che puntano a modificare i comportamenti problematici dei bambini con autismo, attraverso programmi che li coinvolgono per molte ore a settimana. Sono efficaci soprattutto se sono rivolti ai bambini in età prescolare e se sono condotti da educatori e operatori formati e guidati da professionisti specializzati in queste tecniche, possibilmente con il supporto dei genitori e dei familiari. È importante precisare, però, che i risultati di questo intervento possono variare molto tra bambino e bambino e non esiste la certezza di un risultato positivo sempre. In generale, l’efficacia degli interventi indicati aumenta se tutte le persone che interagiscono con i bambini adottano le stesse modalità di comunicazione e di comportamento. Ecco perché è importante che i genitori e le persone che passano molto tempo con questi bambini siano sempre attivamente coinvolti e guidati dai professionisti.
  • Gli interventi con approccio farmacologico: un trattamento con farmaci deve essere applicato con cautela, prestando la massima attenzione agli eventuali effetti collaterali, che il medico deve segnalare e spiegare. È importante considerare che i farmaci possono essere efficaci su sintomi che spesso si associano all’autismo, ma non “curano” il disturbo. Il risperidone è utile per migliorare l’irritabilità, l’iperattività, il distacco dagli altri e i comportamenti ripetuti e rituali stereotipati. È efficace nel breve termine, ma non ci sono dati sul lungo periodo. Il metilfenidato può essere utilizzato per trattare l’iperattività nei pazienti con autismo fino a 14 anni; deve essere prescritto da un centro specialistico e gli eventuali effetti collaterali devono essere tenuti sotto controllo. Altri farmaci non sono ancora stati approvati per il trattamento dell’autismo, perché i dati scientifici sono ancora troppo pochi .

Al momento attuale, specifichiamo che non esiste alcun farmaco specifico contro l’autismo.
Tuttavia, è opportuno precisare che, in alcuni frangenti, medici e psicoterapeuti ricorrono a farmaci per controllare determinati sintomi o particolari patologie associate.

Consigli per i genitori con figlio autistico: brevi regole di comunicazione

Consigli per genitori con bimbo autistico (Istock photos)

  • Utilizzate sempre il nome di vostro figlio, nel rivolgervi a lui o lei.
  • Usate il più possibile un linguaggio semplice.
  • Parlate lentamente e scandite bene le parole.
  • Accompagnate ciò che si dice a semplici gesti.
  • Date a vostro figlio il giusto tempo per elaborare quanto gli si è detto.
  • Pazienza e amore, sempre e comunque e, se vostro figlio non vi abbraccia e non vuole le vostre carezze agite semplicemente dicendogli a parole quanto lo amate.

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