Bimbi e linguaggio: perché i bimbi amano dire le parolacce?

Bimbi e linguaggio: perché i bimbi amano dire le parolacce (Istock Photos)

I bimbi e il linguaggio: quando tuo figlio inizia a dire le prima parolacce come comportarsi, perché i bambini amano tanto dire le parolacce?

Quando si ha un figlio, tutto ci appare delicato, lui o lei è delicato/a, un piccolo esserino che sprizza amore da ogni poro della pelle. Tutto sembra magico, e lo è per davvero, sino al momento fatidico in cui sentiamo, per la prima volta, quella parolina tanto brutta che noi, proprio, non gli abbiamo insegnato: la parolaccia! Rimaniamo sconvolte nel sentire quelle parole poco carine e ancor meno consone in bocca ad un bimbo o peggio, una bimba. Iniziamo a chiederci: “Ma dove l’avrà sentita?” oppure “Di chi è la colpa?” . E più diciamo loro di non ripetere “quelle brutte parole” e più, nostro figlio, ci prende gusto a ripeterle, specie nei momenti meno opportuni quali: al supermercato in mezzo alla gente, a casa con i parenti, in piscina, al parco, insomma ovunque ci sia qualcuno (di estraneo) in ascolto. Ma perché ai bimbi piccoli piace tanto dire le parolacce? E perché, più neghiamo loro di ripeterle e più loro fanno l’esatto opposto? Come comportarci a riguardo? Tanti interrogativi che, spesso, non trovano risposte corrette. Cerchiamo di capirci qualcosa in più, scavando a fondo, nella psicologia dei nostri bambini. Forse, solo così, riusciremo a capire il motivo di tanto amore verso l’uso improprio di alcuni termini.

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Parolacce: perché i bimbi amano dirle

bimbi e parolacce
Bimbi e linguaggio: le parolacce (istock Photos)

Le parolacce, che una volta erano tabù e facevano arrossire anche i più impavidi e per le quali ci si scusava se scappava dirne una, oggi si sentono ovunque. Le sentiamo in continuazione in televisione, alla radio, sul web, sui giornali e, soprattutto, in bocca alle persone. Sono un intercalare colorito e comune delle conversazioni che si orecchiano per strada. Servono per sottolineare un pensiero, per enfatizzare un’opinione. In pratica, per non inquinare l’udito dei bambini, le mamme, dovrebbero farli uscire sempre con il paraorecchie. Impossibile. E allora, come fare per evitare che i nostri bambini le imparino e, peggio ancora, le ripetano?

Una spiegazione molto basica è data dal fatto che i bambini, che siano essi femminucce o maschietti, sono molto attratti dal proibito. Quante volte, sentiamo ripetere i nostri piccoli parole come “cacca, pupù, puzza, ecc.”? Sempre, specie nell’età compresa tra i 3 e i 5 anni. Le cose sporche, trasgressive, come la cacca e le puzze hanno sempre avuto un grosso fascino per i bambini. Rappresentano il proibito e il pericolo. Se in uno spettacolo le nomino tutti ridono. La trasgressione è reattiva. Da qui alla parolaccia il passo è breve. I bambini le sentono e quindi le ripetono, magari ridacchiando perché la considerano un’azione rischiosa e divertente. Quindi cari genitori, prima o poi capita più o meno a tutti voi di ascoltare vostro figlio, in età prescolare, di fare questa esperienza.

Indubbiamente ai bambini piacciono ed interessano le parolacce, perché fondamentalmente hanno una grande curiosità verso le parole, e ancora di più per quelle nuove, e ancora ancora di più per quelle “proibite”. Di solito, iniziano quando sono molto piccoli: potrebbe capitare infatti già nella fascia di età del nido (2/3 anni), che il bambino inizi a pronunciarne qualcuna, tipicamente senza comprenderne il significato e perché l’ha udita da fratelli o amici più grandi, se non dai genitori o altri parenti.

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Solitamente ciò che accade è che il bambino le senta pronunciare da qualcun altro e poi, incuriosito da questo nuovo termine, desideri farne esperienza, sentirne il sapore in bocca, iniziando a pronunciarla a propria volta, anche perché gli piace il suono ridicolo del termine stesso. Quando ciò accade, il piccolo si rende conto delle reazioni che suscita nelle persone che lo circondano, le quali sono sorprese, scandalizzate, a volte ridono divertite.

Tali reazioni rinforzano il comportamento del bambino, il quale è portato a pronunciarla nuovamente sia per ottenere attenzione e verificare le reazioni degli adulti che per capire meglio come funziona questo nuovo “gioco linguistico”.

Altre motivazioni nell’uso delle parolacce risiedono nel desiderio del bambino di sentirsi grande; di trasgredire le regole; di scaricare le proprie tensioni aggressive senza fare male fisicamente a qualcuno. Inoltre, un’altra chiave di lettura attiene al fatto che, da quando il bambino dismette l’uso del pannolino in poi, maneggiare parole come “cacca” e tutto ciò che vi sta intorno sublima il suo desiderio di sporcarsi e di manipolare le feci, pratica ovviamente tabù (giustamente) delle nostre società.

Parolacce in base all’età evolutiva: 3-6 anni

Parolacce in base all’età evolutiva (Istock Photos)

Ogni parolaccia che un bimbo piccolo sente e ripete ha una sua connotazione, che può avere diversi significati psicologici e non e, in base all’età evolutiva, sostanzialmente questo avviene dopo i 2 anni di età, il bimbo pronuncia determinate parole “tabù” diverse. Vediamo nello specifico, come si evolve il linguaggio”proibito” di nostro figlio in base alla sua età.

  • 3 anni. Il bimbo non conosce neppure il significato delle parole che ripete, ma ne imita alla perfezione tono e intonazione. Oppure le storpia e arrivano indecifrabili (e spesso strappa una risata a noi grandi). Le dice per emulare gli amichetti, per attirare l’attenzione dei genitori. Se si reagisce in modo troppo vivace, però, passa il messaggio che è il modo per fare colpo.
  • 4-5 anni. Sa che sono parole ‘proibite’ e quindi molto più appetibili di tutte le altre: le usa consapevolmente per disobbedire alle regole e dunque sentirsi grande. In questo modo testa la coerenza del mondo adulto e saggia la resistenza dei paletti educativi che gli propone.
  • 6 anni. Il turpiloquio diventa più intenzionale e viene usato per esprimere rabbia e aggressività. Adesso ci si può ragionare su, intervenire per stopparle e spiegare quali insulti (razzisti, sessuali, ecc.) sono sempre vietati.

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Gli effetti delle parolacce sui comportamenti dei bambini

aggressività bambini
bambini e linguaggio, le parolacce e gli effetti sui piccoli (Istock Photos)

Dire troppe parolacce disturberà lo sviluppo emotivo dei bambini, rendendoli violenti, insensibili o perversi? Sentire un linguaggio sboccato è un trauma per la loro delicata sensibilità? Iniziamo con lo sfatare un mito sull’universo delle parolacce.Non sempre le parolacce sono negative per lo sviluppo dei bambini. Dire che tutte le parolacce sono negative a prescindere da età evolutiva o contesto in cui vengono dette è un’affermazione scientificamente errata e basta riflettere un istante per accorgersene: si basa infatti su una generalizzazione, ovvero che le parolacce siano tutte uguali. Niente di più sbagliato: è come dire che lo sport è rischioso, ma nel concetto di “sport” rientrano non solo la boxe o il base jumping, ma anche il nuoto, il ping pong o il tennis, che non hanno lo stesso livello di rischio dei precedenti.
Anche le parolacce sono una categoria generica, nella quale rientrano le espressioni più diverse: insulti, oscenità, maledizioni, imprecazioni, scatologia, sono locuzioni con contenuti ed effetti molto diversi, e non tutti dannosi. Senza contare che, come tutte le altre parole, anche le parolacce possono essere pronunciate con diverse intenzioni comunicative: per sfogarsi, per scherzare, per ferire. Scopriamo allora i diversi effetti di queste scurrilità linguistiche nei bambini:

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  • insulti e maledizioni: i maltrattamenti verbali hanno sempre effetti negativi sui bambini. I minori che vengono insultati (da adulti o da coetanei) provano rabbia, imbarazzo, depressione, emarginazione. E possono diventare verbalmente violenti a loro volta. E’ il caso del bullismo, una forma di violenza verbale.
  • scatologia: parlare di cacca e affini non fa danni. Anzi: secondo molti educatori può essere persino benefico, perché aiuta i bambini a sdrammatizzare e sfogare le ansie sul controllo delle funzioni corporee (lo spettro di “farsela addosso”).
  • imprecazioni: non c’è alcuna prova che ascoltare un adulto che impreca generi traumi in un bambino. L’unico rischio (certo) è che anche lui, nei momenti di rabbia, imiti il linguaggio degli adulti.
  • oscenità: molti genitori credono che i loro discorsi sul sesso determineranno le abitudini sessuali dei figli, perciò pensano che possa turbarli sapere troppi dettagli (omosessualità, sesso orale, masturbazione), e sono preoccupati di come i termini sessuali detti dai figli saranno giudicati fuori dalla famiglia. Perciò, per evitare ogni rischio, eliminando i problemi alla radice, i termini sessuali vengono censurati, e stop. In realtà questo è un modo sbagliato di relazionarsi: innanzitutto perché – lo sappiamo dai tempi di Freud – anche i bambini piccoli hanno impulsi sessuali, anche se non ne sono consapevoli. Alcuni studiosi affermano, anzi, che è più dannosa la censura, perché produce effetti nocivi sull’immaginazione e sulla maturazione psicologica. In pratica nessuno ha mai dimostrato che l’esposizione a espressioni oscene abbia conseguenze traumatiche sui minori. A patto, però, che queste siano spiegate dagli adulti.

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In generale, le parolacce in sé non fanno né bene né male: dipende da come vengono usate, ovvero dall’intenzione comunicativa e anche dal contesto, perciò bisogna distinguere:

  • Effetti negativi:se le volgarità sono dette per offendere e svilire un bambino.
  • Effetti neutri:se sono dette per sfogarsi non avranno effetti negativi (a parte l’imitazione: il bambino comincerà a usarle per sfogarsi, come facciamo noi);
  • Effetti positivi: se sono usate per un riso liberatorio(come nell’umorismo).

E comunque, l’abuso di parolacce fa correre ai bambini lo stesso rischio che abbiamo noi adulti: l’inflazione.
Quando una parola, anche forte, viene ripetuta continuamente, in ogni circostanza, perde il suo potere espressivo perché ne diventiamo assuefatti.

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Come limitare le parolacce: le regole da seguire

Bambini felici con il metodo educativo danese
Le parolacce i i bimbi, le regole da seguire per diminuire i danni Istock

Innanzitutto, il buon esempio è fondamentale. Pertanto, in primis gli adulti dovrebbero evitare di pronunciarle di fronte ai bambini. E anche se ormai parolacce e imprecazioni sono diventare parte del discorso comune e vengono utilizzate come interiezioni nei dialoghi quotidiani, è importante che ci si controlli e si ponga attenzione a questo aspetto. Non possiamo riprendere i bambini quando le dicono, se noi siamo i primi a pronunciarle. Secondo consiglio fondamentale da adottare con bambini molto piccoli (fino ai 3 anni circa) è utile semplicemente ignorarle e quindi evitare di portare energia e attenzione a tali parole.

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Quando i bambini sono più grandi, dai 3/5 anni circa in su, può essere utile modificare la propria azione educativa, intanto spiazzando il bambino chiedendogli se conosce il significato della parolaccia che sta usando, senza bisogno di indagare su dove l’ha sentita, a meno che non si tema che il bambino frequenti ambienti non educativamente adeguati. Dopodiché sarà importante spiegargliene il senso (se in effetti non lo conosce) e che alcuni termini possono essere offensivi verso le altre persone, invitandolo di conseguenza a non utilizzarli in pubblico. Tutto ciò deve avvenire sempre e comunque molta calma e tranquillità, senza rimproverare duramente il bambino, per evitare il rischio di ottenere l’effetto contrario, ovvero che il piccolo continui a pronunciarle più volte come manifestazione di oppositività e per attirare l’attenzione. Qualora il bambino utilizzasse le parolacce in modo circostanziato, per esempio quando è arrabbiato, sarà utile rispecchiare i suoi sentimenti, affermando di comprendere la sua emozione, ma allo stesso tempo chiedendogli di utilizzare altri vocaboli per dire ciò che prova, concedendogli poi del tempo per acquisire questa capacità.

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Qualunque sia l’età del bambino, se ci rendiamo conto che egli utilizza le parolacce per attirare la nostra attenzione, sarà importante ragionare su questo suo bisogno, cercando di incontrarlo e soddisfarlo con attività costruttive e positive, in modo che il piccolo non abbia più necessità di ricorrere a questo comportamento per avere il nostro sguardo su di sé. Per affrontare le parolacce nel giusto modo, occorre quindi un approccio su più livelli: bisogna saper educare alle parolacce. Quindi, le regole da seguire saranno:

  • Creare un clima di fiducia e rispetto in famiglia: è la condizione principale per rapportarsi ai bambini in modo costruttivo. I bambini devono sapere che possono parlare di tutto con serenità
  • Dare sempre il buon esempio: un adulto che predica bene (“Non dite parolacce, siate rispettosi!”) e alla prima occasione, per esempio quando guida, si mette a imprecare perde credibilità perché non è coerente. Il buon esempio viene sempre dall’alto.
  • Premiare il buon linguaggio: questa strategia dà molti più frutti rispetto alle punizioni verso chi usa un’espressione volgare.
  • Non dare troppo peso a una parolaccia: se è detta con lo scopo di attirare l’attenzione. Se il bambino si accorge che dicendo parolacce riceve attenzioni (fossero anche rimproveri) tenderà a usarle spesso come strumento di richiamo.
  • Far capire al bimbo cosa significano le parolacce: quando un bambino dice una parolaccia (e lo fa sempre “per sentito dire”), invece di punirlo è importante prima di tutto verificare se ne conosce davvero il significato. E distinguere: un insulto (stronzo) è diverso da un’imprecazione (cazzo!). Con un insulto si può ferire un’altra persona, quindi non va mai detto; mentre un’imprecazione non è rivolta a nessuno perché è uno sfogo. Su alcune espressioni, per esempio quelle escrementizie, si può anche precisare quando si può dire ( in famiglia o fra amici, ma mai a scuola). Che lo vogliate o no, la conoscenza delle parolacce fa parte della competenza linguistica, ovvero dell’abilità a capire e parlare una lingua in modo corretto. E’ importante saper dire “Posso andare in bagno” ma anche capire cosa intende qualcuno quando ti dice che “Sei un cesso”. Certo, questa strategia diventa più impegnativa quando si tratta di espressioni oscene: spiegarne il significato in modo neutro e pacato comporta spendere più tempo rispetto a proibirle e basta .
  • Esprimere le emozioni:se un bambino dice una volgarità, è importante far emergere per quale motivo l’ha detta. Questo può aiutarlo a esprimere le sue emozioni facendogli prendere coscienza dei sentimenti in gioco. Per vincere il bullismo, ad esempio, più che punire o proibire gli insulti, è molto più efficace far parlare chi ne è vittima: questo porta i “carnefici” a rendersi conto che le loro offese possono far male nel profondo a un’altra persona. Il bullismo si può battere solo con l’empatia.
  • Insegnare al bimbo parole alternative da usare:le funzioni delle parolacce (esprimere rabbia, disappunto, disgusto, gioco, sorpresa….) sono importanti e non si possono eliminare. Perché privarli delle valvole di sfogo, che peraltro noi usiamo? Dunque, è utile insegnare ai bambini delle parole depotenziate, ovvero gli eufemismi ,per esprimere le loro emozioni.

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