La protesta dei ristoratori organizzata nelle ultime ore ha testimonial d’eccezione: alcuni tra gli chef più importanti d’Italia, messi anche loro in ginocchio dalla pandemia. Ecco cosa è cambiato per Vissani, Locatelli e Filippo La Mantia.
Sono tre dei nomi più noti della gastronomia italiana e non hanno paura di schierarsi contro il governo e a favore della protesta dei ristoratori che viene organizzata da giorni su tutto il territorio nazionale.
Chef stellati, artisti della cucina internazionale ma, prima di ogni cosa, imprenditori che hanno sulle spalle la responsabilità economica e morale di decine e decine di dipendenti, i quali da troppi mesi ormai sono senza entrate economiche.
Le durissime parole di denuncia degli chef contro il governo non concedono nulla ai vari decreti ristori, che non sono stati assolutamente sufficienti a coprire le perdite di uno dei settori economici più in difficoltà.
Famoso per il suo modo di fare diretto, lo chef Vissani non è il tipo di persona che si serve di intermediari per esternare il proprio pensiero. Lo fa puntando il dito verso gli altri Paesi europei dove, a suo modo di vedere, lo Stato è riuscito a fornire un sostegno più efficace agli imprenditori del settore ristorazione: “Non facciamo paragoni con la Francia e la Germania perché loro danno i soldi alle piccole e medie imprese mentre noi stiamo morendo di fame. I ristoratori sono disperati”.
Tra l’altro Vissani ha ripetuto più volte all’Adnkronos che a suo modo di vedere i ristoranti non sono luoghi di contagio: “Da quando siamo chiusi i contagi sono aumentati perché la gente si incontra a casa. […] La ristorazione era il settore più sicuro: noi abbiamo usato dei macchinari per igienizzare tutto, addirittura per riciclare l’aria” ha affermato spiegando quanti soldi i ristoratori hanno speso al fine di mettersi in regola con le normative vigenti dovendo poi comunque rimanere chiusi.
In merito alla protesta, lo Chef parla di una protesta simbolica: “Appoggio in pieno la protesta dei ristoratori. Faranno una protesta simbolica: aprono senza pubblico perché i ristori assicurati finora al settore non sono sufficienti”.
Lo chef Locatelli, conosciutissimo dal pubblico per la sua partecipazione a Masterchef, ha spiegato che è stata la lunghissima durata delle chiusure a mettere in ginocchio non soltanto le piccole aziende, che sono andate subito a fondo, ma anche le aziende più solide e i nomi più conosciuti, come il suo.
“Siamo tutti in una situazione tragica ormai. I primi mesi uno tira fuori la cassetta per la guerra, si rimbocca le maniche, ma nessuno di noi si aspettava che durasse cos tanto” ha dichiarato.
Locatelli affronta anche la questione a livello politico, soprattutto alla luce dei recentissimi fatti che hanno portato all’attuale crisi di governo.
“Sarebbe importantissimo avere una rappresentazione politica del nostro settore. I soldi ci sono, ma bisogna distribuirli in maniera giusta, vedere chi è davvero colpito per aiutare quelli che riescono a malapena a rimanere a galla. Ci vuole qualcuno che ci rappresenti” ha concluso, senza risparmiare però una velenosissima stoccata al principale fautore politico dell’attuale incertezza istituzionale italiana. “Quando vedo che in Italia in questo momento così difficile si apre una crisi di governo mi cadono le pa***. In Inghilterra (dove lo Chef lavora da anni, n.d.r.) non so cosa gli farebbero, a Renzi. Ma non se ne doveva andare tempo fa? Perché non va a lavorare come tutti gli altri?“
Dalla sua posizione privilegiata, da star internazionale della cucina, lo Chef è anche in grado di dare un consiglio a tutta la categoria, a prescindere dall’appartenenza nazionale: “Anche qui nel Regno Unito la vite si sta stringendo tantissimo. È il momento di rimanere uniti“.
In Italia ma anche nel resto del mondo è diffusissima la convinzione che la crisi economica causata dal Coronavirus abbia fatto moltissime vittime esclusivamente tra i piccoli e medi imprenditori che non hanno alle spalle una situazione economica agiata. Purtroppo le cose non stanno così, come dimostra la vicenda imprenditoriale di Filippo La Mantia, uno chef siciliano che da trent’anni possiede (o meglio possedeva) un ristorante.
“Sto facendo un trasloco, è da due mesi e mezzo che mi son dovuto fermare. È un disastro anche di carattere emotivo, non solo economico. Vedere ogni giorno questi ragazzi che mi stanno accanto e rendermi conto che si tratta di energia sprecata, di posti di lavoro buttati all’angolo, spazzati via. Ho buttato 25 anni di lavoro quotidiano, di sogni, di visioni. Io ne faccio una malattia” ha dichiarato tristemente lo chef, che sente forse più di altri la propria responsabilità nei confronti dei suoi dipendenti.
Anche il futuro è assolutamente incerto: “Per ora non ho nessun tipo di programma, mi devo solo liberare di questo posto (il suo ristorante di Milano, n.d.r.), riposizionarmi mentalmente e poi cercare di capire dove andare, dove aprire e soprattutto quando”.
Stando a dichiarazioni rilasciate negli scorsi mesi, pare che La Mantia voglia investire al Sud e precisamente nella sua Sicilia, dove i costi di mantenimento di un’azienda sono molto inferiori e così anche il costo delle materie prime. Sul quando invece, ci sono solo ipotesi: “Le date che uno sogna potrebbero essere tra Settembre e Ottobre, ma chi lo sa?”.
Naturalmente, a parte l’amarezza non può mancare la polemica nei confronti delle decisioni del governo, soprattutto nel corso del periodo dei saldi, durante i quali è stato dato il “via libera” allo shopping sfrenato. “All’Oviesse erano non strapieni, di più! Possibile che non si capisca la differenza con un ristorante e un mercato dove le perone sono tutte ammassate? […] Di questo passo non ci riprenderemo più. Un motivo ulteriore perché la protesta di oggi mandi un segnale forte”.