I due psicologici Satoshi Kanazawa della London School of Economics, e Norman Li della Singapore Management University, hanno realizzato una ricerca che sembra dimostrare che l’intelligenza porti alla solitudine.
La solitudine, infatti, non sembrerebbe essere un malessere ma bensì una scelta di vita salutare, come si suol dire: “pochi ma buoni”.
Lo studio in questione, chiamato Country roads, take me home… to my friends: How intelligence, population density, and friendship affect modern happiness” e pubblicato sulla rivista British Journal of Psychology, ha dimostrato che più un individuo è intelligente, più avrà voglia di passare del tempo da solo, poiché sarà minore la necessità e il livello di soddisfazione delle relazioni sociali.
Secondo i ricercatori che hanno creato la “Teoria della Felicità della Savana”, analizzare l’uomo dai tempi della preistoria ai giorni nostri ha aiutato a trovare una risposta al perché del fatto che chi è più intelligente ama la solitudine.
Nella preistoria l’uomo aveva bisogno di vivere in gruppo – nelle cosiddette tribù – per riuscire a sopravvivere.
Tuttavia, i più intelligenti del gruppo con il tempo tendevano ad isolarsi ed allontanarsi dai legami con la tribù, perché appunto potevano sopravvivere da soli – e prendersi cura della famiglia -senza l’aiuto di nessun altro.
In effetti oggi giorno le cose non sono cambiate poi così tanto.
Coloro che sono concentrati nella realizzazione dei propri sogni e dei propri obiettivi, tendono a spendere meno tempo con gli amici.
Per cui chi ha un quoziente intellettivo più alto basta a se stesso, e non ha dunque bisogno di cercare legami e sicurezze altrove.
Essi infatti preferiscono avere una cerchia stretta di amici piuttosto che essere popolari in più gruppi.
Anche Carol Graham, ricercatrice del Brookings Institution, è convinta del fatto che chi è più intelligente è meno disposto a passare del tempo con gli amici.
La ricercatrice afferma, infatti, che le persone più intelligenti sono concentrate sulla realizzazione dei propri obiettivi, per cui socializzare “troppo” sarebbe solo un ostacolo e una distrazione dalla propria ambizione.
Infine, uno studio della Florida University ha rivelato che chi è più intelligente tende ad evitare rapporti sociali fin dall’infanzia, poiché i bambini con un quoziente intellettivo più alto della media preferiscono fin da subito la solitudine piuttosto che la popolarità.
Passare del tempo da soli non è un malessere né un problema psicologico.
Al contrario, la solitudine giova alla creatività, affinché essa possa svilupparsi oltre i limiti.
Non c’è da preoccuparsi, quindi, se si preferisce la solitudine alla vita sociale, dato che essa sembra essere segno di un’intelligenza superiore.
Lucia Schettino
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