La comunicazione nella coppia: modi diversi di comunicare l’amore. Dalla coppia felice a quella in crisi, passando per la coppia consolidata, il modo di conversare cambia in base allo stato d’animo della coppia
La comunicazione nella coppia ha diverse fasi differenti, a seconda dello stadio in cui la nostra relazione si trova. All’inizio di una storia d’amore (o presunta tale), il modo di comunicare con l’altra persona, il partner, sarà diverso, il tono sarà diverso, più educato, seducente. Le parole che usiamo vengono misurate per bene e i sorrisi, di certo, non mancano. Tutt’altra cosa quando nella stessa coppia, ci ritroviamo a litigare, quando la coppia va in crisi. Il modo sarà, ovviamente, totalmente differente da quando eravamo felici e spensierati. I toni si accendono facilmente e noi ci ritroviamo a urlare o ad usare determinate parole che, normalmente non useremo. Perché avviene tutto questo? Ci domandiamo come mai, la comunicazione tra di noi cambia così facilmente, senza trovare bene una spiegazione logica.
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Il dono della parola è così fluido e semplice nella bocca delle persone eppure, sempre più spesso, siamo riusciti a diventarne vittime. Ci sfugge , non la controlliamo, ferisce, fino a farci stare male con gli amici, nell’ambito lavorativo, con i genitori, con i figli e, soprattutto in coppia. La maggior parte delle relazioni infatti, finisce proprio per l’incapacità di comunicare con il partner. Soprattutto i giovani, che vogliono “tutto e subito”, spesso non reggono la lentezza e le difficoltà del primo rodaggio: e non ci si capisce, se, quindi, non si riesce a comunicare, ci si lascia. I più temerari resistono tra incomprensioni e silenzi, per mollare la spugna dopo 10 anni, portando spesso in eredità, insieme all’amarezza accumulata, una malattia psicosomatica, traduzione corporea di una comunicazione di coppia difficile.
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Perché succede? È semplice, gli uomini non sopportano il tono polemico e i continui rimproveri; le donne, dal canto loro, non riescono più a sopportare i musi lunghi e i silenzi prolungati, i confronti anticipati e la maleducazione verbale. È una realtà che conosciamo tutti piuttosto bene: la troviamo nella vita del vicino di casa, la viviamo tra le pareti di casa propria, verificando sulla nostra pelle le dannose conseguenze del comunicare male.
Ci chiediamo spesso perché tra uomini e donne sia così difficile comunicare. La ragione fondamentale è che parlano lingue differenti. Il linguaggio di lui è essenzialmente concreto, quello di lei tendenzialmente emotivo. È questa sostanziale differenza di approccio a generare le resistenze, gli equivoci, i malintesi, le incomprensioni che rendono ardua la comprensione reciproca. Gli uomini amano i gesti, esprimono i sentimenti con le azioni, usano le parole come strumento di informazione; le donne, invece, amano le parole e se ne servono per stabilire relazioni, alludere, sottintendere e interpretare a modo loro.
Altra grande differenza è che la maggior parte degli uomini, tendono a risolvere i problemi da sé, per parlarne dopo, in un secondo momento, con la propria partner. Le donne, al contrario, di fronte alla difficoltà cedono al bisogno di parlarne subito con qualcuno, quasi fosse il promo atto risolutivo del problema. Il risultato? Lei lamenta il perché non gli abbia detto subito il problema, mentre lui ribadisce che non ne vedeva il motivo.
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Comprendere questo ci aiuta a riconoscere che quella che noi percepiamo come carenza del partner non dipende da una mancanza d’amore, ma piuttosto da una diversità di stile comunicazionale. Ciò non autorizza però, a partire prevenuti. Diffidiamo dai luoghi comuni che etichettano l’uomo come razionale, freddo e distaccato, e la donna ipersensibile, emotiva e manipolatrice. Ciascuno di noi, nella sua unicità, può imparare a sfrondare il suo modo di comunicare da condizionamenti culturali, luoghi comuni, stereotipi e ritrovare, così, uno stile comunicativo autentico. Infatti, più la comunicazione è autentica, più è efficace, non solo ai fini della comprensione tra noi e l’interlocutore, m anche per la salvaguardia del nostro benessere. Le parole, infatti, creano vere e proprie trame energetiche che compongono il tessuto della coppia: tessuto che può essere compatto, leggero, pesante, a seconda delle parole che usiamo.
Quante volte ci siamo chieste, dopo un litigio con il proprio partner, come siamo arrivati a questo punto? Oppure, dove abbiamo sbagliato? A tal proposito può essere d’aiuto vedere l’evoluzione che ha la comunicazione all’interno di una relazione amorosa: come cambiano le parole nella coppia nascente, nella coppia strutturata e in quella in crisi.
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Nella fase nascente della coppia, spesso si evitano degli argomenti di proposito. Si tende a non parlare dei problemi in ufficio oppure dei litigi familiari, i soldi che non bastano mai ecc. Immersi come siamo nella favola di un nuovo amore, usciamo dalla nostra storia personale e, anche nel linguaggio, diventiamo nuovi, diversi, originali. Per esempio, ribattezziamo il partner con nomignoli nuovi, tutti nostri, oppure diciamo le stesse cose ma in modo diverso. Nell’innamoramento ogni parola riacquista la forza creativa che le compete. Non si sottovaluta mai una frase del partner, non si dice mai una cosa tanto per dire. Anche il tono di voce che usiamo è diverso quando comunichiamo. Esso diventa più soave, dolce, suadente, le parole che pronunciamo sono quasi sussurrate all’altro. Telefoniamo spesso il partner non tanto per comunicargli qualcosa di importante ma, giusto per sentirlo, per stare con l’altro. In questa fase è la voce più che la parola, la vera protagonista. È sempre in questa fase che anche il corpo assume un ruolo centrale. Spesso si tace, paghi della presenza dell’altro. In questo caso il silenzio è d’oro. Il silenzio è ricercato, quasi fosse il custode ideale della ricchezza che avvertiamo dentro.
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Qual è in questa fase il rischio? Esso è dato dall’esprimere una parola sbagliata che, nello stato nascente della coppia, può creare danni irreparabili. Il timore dell’innamorato è vedere svanire quell’incanto sotto il peso della quotidianità che al momento non si condivide. Il consiglio è evitare le autogiustificazioni. Sentirsi in colpa verso l’altro alimenta il nervosismo, che alla fine ti porterà a scaricare sul partner la tua tensione. Banditi anche i lamenti, che costringono l’altro a consolarti, senza poter far trasparire il suo disappunto.
In questo tipo di coppia, quella consolidata, il dialogo ha un ruolo primario. Mentre l’eros si stabilizza su valori standard, la parola diventa il veicolo fondamentale della comunicazione. Nella stragrande maggioranza delle coppie si ritiene che il benessere di una relazione sia direttamente proporzionale alla presenza di un buon dialogo tra i partner. Se c’è un problema, il primo passo per affrontarlo è discuterne con l’altro. In questo modo, le emozioni bloccate, quali rabbia, paura o tristezza, trovano una via di sfogo nelle parole.
In più, vivere nella stessa casa, affrontare la quotidianità e avere, di conseguenza, responsabilità comuni, fa sì che la comunicazione diventi in primo luogo un modo di comunicare informazioni di servizio. Ci si parla per organizzare, pianificare, decidere cosa fare. È dunque, una comunicazione sintetica e essenziale ma, attenzione, quando diventa ridondante è fastidiosa.
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Nella coppia consolidata, poi, vi è una demarcazione tra la comunicazione notturna e diurna. Quando si è in camera da letto, si tende a parlare in forma “privata”, rispetto a quando si è in salotto e magari di fronte ai figli, dove la comunicazione diventa “pubblica”. Di notte, si lascia campo libero all’istinto, ai sentimenti e alle emozioni. È dopo il tramonto che è più facile uscire dai ruoli fissi e raccontarsi intimamente. Una coppia consolidata che ha strutturato una buona intesa di norma non teme il silenzio, anzi, lo vive in questa fase del rapporto come uno spazio di meritato riposo dall’altro. Lui legge il giornale, lei un libro. A sottolineare la tranquillità di questi momenti, di tanto in tanto, un gesto di tenerezza. Si lascia parlare il corpo. Il rischio, in questa fase, è dare per scontato l’altro, forti della conoscenza che abbiamo del nostro partner, finendo così di fare finta di ascoltarlo. In questo caso, il consiglio è dimostrare al partner di rispettarlo come persona, tenendo in considerazione i suoi bisogni e non invadendo il suo spazio di prepotenza.
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Uno degli scenari più ricorrenti nella coppia in crisi sono i lunghi silenzi. Lo scambio verbale è limitato alle parole che servono, tipo: “passami l’acqua”, oppure “prendo io oggi i bambini a scuola”, intercalate da lunghi, pesantissimi, silenzi che condensano il malessere che serpeggia, più o meno incancrenito dall’accumulo di tensioni e problemi irrisolti. Il “non dire” diventa sinonimo di estraneità, non condivisione, non volontà a fare l’altro partecipe del proprio disagio. Se poi, è soprattutto uno dei due partner a non parlare, il silenzio di uno diviene una tacita accusa per l’altro. Oppure, quando i mutismi si perpetuano fino a diventare la regola, col silenzio esprimiamo la staticità di una situazione che si è arenata su un binario morto. Altro esempio è quando il silenzio è continuo. Questo può essere la manifestazione più evidente dell’assenteismo del rapporto. Questo atteggiamento va a braccetto con l’indifferenza e l’apatia. Infine, il silenzio può tradurre la volontà reciproca di dominarsi per evitare lo scontro diretto. In questo ultimo caso, capita che il silenzio si rompa solo per gravi litigi, quelli in cui ci si dicono cose terribili urlando, per cui dopo non si può tornare indietro.
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Uno scenario classico della coppia in crisi opposto al silenzio appena accennato, è il litigio perpetuo. Qualsiasi occasione è buona per scatenare battibecchi, risse, polemiche infinite e, spesso, sterili e mai costruttive. Non importa tanto ciò che si dice, quel che conta è sfogare la propria aggressività con parole grosse, accuse e rinfacci. Rispetto al litigio infinito, è interessante notare che viene ritenuto meno grave del silenzio. La tradizione popolare vuole, infatti, che i litigi continui siano un buon indice di vitalità di coppia. Attenzione però che non diventino l’unico momento vivace in una quotidianità segnata dalla routine e dalla scontentezza reciproca. Il rischio in questo caso è che basta guardarsi un attimo negli occhi per scatenare un litigio. In questa fase, il rischio della comunicazione è che diventi un litigio cronico senza una via di fuga se non quella di farsi la guerra. Si è poi, impossibilitati e incapaci, a lungo andare, di ricreare momenti tranquilli e di cooperazione. Il consiglio, per ribaltare il problema, invece di rispondere subito con violenza a quella che si interpreta come un’accusa, provare a manifestare la sensazione emotiva che la critica vi ha generato: ecco che il tuo “aggressore” si ritroverà obbligato a cambiare strategia e il conflitto si scioglierà immediatamente.