Covid e donne al lavoro:la pandemia ha fatto evaporare in un anno 470mila posti, con una percentuale maggiore rispetto agli uomini
Nessun licenziamento almeno sino alle di marzo 2021, l’accordo tra governo e sindacati c’è ma intanto il Covid ha colpito in manietra pesante il mondo del lavoro. E le più penalizzate, numeri alla mano, sono le donne.
Lo confermano gli ultimi dati raccolti dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro che li ha pubblicati in un dossier. Nel periodo fra il secondo trimestre 2019 e gli stessi mesi di quest’anno la pandemia ha eroso ben 470.000 posti occupati da donne. Considerando che in tutto sono stati 841.000, quelli femminili sono il 55,9% del totale.
Ma ci sono anche altre rilevanze importanti. Tra il giugno 2019 e lo stesso mese del 2020 le donne hanno manifestato maggiormente la volontà di allontanarsi dal lavoro, rinunciando di fatto alla ricerca di un’occupazione. Così oggi c’è un aumento di 707.000 donne inattive (+8,5%), in particolare nelle fasce giovanili.
Quali sono stati i settori più a rischio per le donne? Certamente chi aveva un contratto a termine, oppure un part time o ancora un lavoro autonomo. Tra le più colpite, quelle che lavoravano nel settore ricettivo e ristorativo pesantemente colpito da marzo in poi a causa delle diverse chiusure volute dal vecchio e dal nuovo Dpcm. A seguire troviamo assistenza domestica, scuola, sanità ma anche pubblica amministrazione.
Secondo i consulenti del lavoro però durante il lockdown il 74% delle donne ha continuato a lavorare, rispetto al 66% degli uomini. La preoccupazione ora è che un nuovo lockdown, sempre più probabile, possa eaccentuare la situazione di disagio pesando ancora di più sulle donne. Ci sono quasi 3 milioni di lavoratrici con un figlio a carico che ha meno di 15 anni, cioè il 30% delle occupate, a forte rischio perché oltre al lavoro devono seguire anche la casa e l’educazione.
Come spiega Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro,
“è necessario attuare politiche di potenziamento dell’offerta e dell’accessibilità dei servizi che favoriscono la conciliazione vita-lavoro ma anche percorsi formativi spendibili nel mercato del lavoro”. Tutte politiche che sostengano in maniera concreta l’occupazione delle donne, bloccando il rischio che molte di loro escano da questo mondo senza nessuna possibilità di rientrare