E’ vero che in amore vince chi fugge? Quando c’è di vero nel famoso detto? Chi di noi, almeno una volta nella vita è “fuggito” da un amore oppure si è ritrovato da solo perché l’altra persona (il partner) improvvisamente si è volatilizzato? Tutti noi ci siamo passati, vittime indifese e carnefici inconsci. Ma perché in amore vince chi fugge, e da cosa si fugge?Con questo proverbio o detto popolare si vuol sottolineare, che ad avere la meglio in un rapporto potenziale o già stabilito, è colui che si fa desiderare di più. Questo vale tanto nella seduzione, quanto nel rapporto vero e proprio. Il corollario di questo detto è che a perdere è colui che rimane, o meglio, colui che appare più bisognoso dell’altro.
Questo motto, detto e ridetto un’infinità di volte, ritenuto da molte persone sia molto vero ma spesso anche piuttosto banale, come fosse una frase di circostanza in situazioni dolorose, nasconde una verità profonda. Intanto cosa si intende per fuga? In sostanza per “fuga” si intende, più che qualcuno che scappa, un atteggiamento conscio o inconscio di una persona. Uno stato mentale di pace con se stesse, un armonioso equilibrio tra le nostre due tendenze contrapposte che ci governano: quella che spinge verso l’Altro e quella che desidera l’indipendenza affettiva. Premesso che siamo tutti interdipendenti e tutte e tutti cerchiamo affetto e amore, nessun escluso, ci sono relazioni sentimentali caratterizzate da dinamiche più o meno patologiche, che portano una persona a “fuggire” (in questo caso nel senso vero del termine ovvero non farsi più sentire e quant’altro) non per sparire davvero ma allo scopo invece di attirare l’attenzione di qualcuna o qualcuno…
In questi casi la “fuga” è strumentale, non spontanea quindi agganciata a una dinamica che ha toni o anche solo sfumature che lasciano intravedere un rapporto complesso e non equilibrato, in molti casi patologico. Ma in caso di una “fuga” spontanea, perché quindi “in amore vince chi fugge”?
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Il significato di questo proverbio non è certo oscuro e la sua disamina si può chiudere in due parole o poco più: per vincere in amore, ossia per conquistare il nostro oggetto del desiderio, suggerisce la saggezza popolare, dovremmo mostrarci distanti, lontane, disinteressate. Dovremmo farlo bollire a ogni messaggio, fingendo di essere così impegnate da fargli percepire ogni nostra risposta come qualcosa in più di un regalo, una vera e propria concessione, e dovremmo centellinare la nostra presenza anche al telefono: almeno una volta sì e una volta no, non vorremmo mai che il nostro inseguitore si abitui troppo bene e si illuda che stiamo caracollando al suo cospetto. Ma perché adottare queste strategie? Forse perché davvero in amore vince chi non resta?
Per rispondere alla fatidica domanda “È vero o no che in amore vince chi fugge?” ci rifaremo alla scienza e in particolare a un esperimento condotto da alcuni ricercatori dell’università della Virginia, i quali hanno cercato di capire come cambiasse il nostro livello di interesse sulla scorta della consapevolezza di piacere – o non piacere – all’altra persona. I risultati sono sorprendente soprattutto perché, almeno in parte, collimano con il detto “in amore vince chi fugge“.
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La ricerca è stata portata avanti con l’ausilio dei social network. Nella pratica, ad alcune ragazze è stato comunicato che alcuni ragazzi, visitando il loro profilo Facebook, avevano espresso giudizi sul loro conto. Alle ragazze in questione non veniva comunicata la natura dei giudizi, i quali erano naturalmente stabiliti a priori dagli studiosi.
Gli uomini sono stati divisi in tre gruppi:
A questo punto sono entrate in gioco le ragazze che hanno potuto prendere visione dei profili Facebook dei loro ipotetici partner e hanno potuto vedere i giudizi dagli stessi espressi sul loro conto. Dopo un intervallo di 15 minuti, alle ragazze è stato richiesto di dare a loro volta un giudizio sul livello di attrazione nei confronti di ciascun ragazzo e sulla frequenza con cui ci pensato nuovamente.
I risultati emersi dalla ricerca hanno rilevato che le ragazze sono risultate maggiormente attratte dagli uomini che avevano espresso un giudizio molto positivo nei loro confronti rispetto a coloro che si erano espressi con toni più modesti e hanno mostrato verso i primi una certa apertura e uno stato d’animo molto positivo. E fin qui nulla di strano: si tratta di un atteggiamento che risponde al cosiddetto “principio di reciprocità” secondo cui ci piacciono le persone a cui sappiamo di piacere. Almeno in generale. La vera sorpresa sta nel fatto che le ragazze hanno riferito di aver pensato con maggiore frequenza agli uomini che non si erano espressi, ossia agli incerti, mostrandosi molto positive anche nei loro confronti. In conclusione possiamo dire che: essere diretti è fonte di attrazione, ma essere sfuggenti lo è ancora di più!
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Tenere una persona sulle spine, fingere indifferenza, negarsi, fare il doppio gioco, ora ci sono ma l’attimo dopo sparisco: sono tutte strategie amorose vincenti per attirare l’attenzione. Secondo il detto “in amore vince chi fugge“, è proprio così, per quanto l’atteggiamento possa sembrare assurdo ma ciò capita molto di continuo. Per vincere, il fuggitivo vince (quasi sempre), ma non vince il sentimento (quasi mai). Cercare di conquistare qualcuno solo perché è una “preda” difficile dimostra più la volontà di soddisfare un proprio capriccio che un reale interesse verso l’altra persona. Il desiderio, inoltre, è alimentato da una sfida con se stessi e non da un’attrazione vera, la quale invece è destinata a sgonfiarsi come un palloncino bucato non appena l’agognata attenzione sarà stata conquistata Quindi, se dovessimo renderci conto che qualcuno ci piace solo perché non dà segni di provare alcun interesse nei nostri confronti, forse è meglio lasciar perdere. Se invece volessimo attirare l’attenzione di qualcuno perché siamo animate da un vero desiderio, ora lo sappiamo: l’indifferenza funziona, ma badiamo bene a dosarla con cura e cerchiamo di distinguere se chi ci insegue è mosso da una reale attrazione o se la sua sia solo voglia di vincere.
Va chiarito che non è tanto l’incertezza ad accrescere l’attrazione, quanto ciò che questa condizione implica: non sapere cosa un uomo possa pensare di noi, ci conduce molto spesso a pensare a lui con frequenza per andare alla ricerca di indizi più o meno evidenti che confermino o sconfessino un eventuale interesse nei nostri confronti. L’alta frequenza dei pensieri dà luogo di conseguenza a un aumento dell’attrazione.
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Per il cosiddetto “fascino dell’ignoto” oppure “l’uomo misterioso”, le donne sono attratte maggiormente da quegli uomini che fuggono o che tendono a sfuggire all’amore. Per una sorta di comportamento da crocerossina innato che fa dire a queste donne – la maggior parte – con me sarà diverso, non scapperà, si innesca proprio quel circolo vizioso che, invece, fa scappare l’uomo perché probabilmente si sente “braccato” da una donna che – teme – volerlo cambiare. Le donne proprio per questo tendono a interessarsi degli uomini che fuggono. Il concetto va spiegato meglio: l’uomo che fugge è quello che non dipende da lei e dalla sua infatuazione, che non si fa traviare dal fatto di provare un’attrazione verso di lei, che continua la sua vita – con i suoi ritmi e le sue abitudini – anche se effettivamente sente il bisogno di vederla. Immaginatevi un uomo che ha il suo lavoro, i suoi orari, le sue amicizie e i suoi hobby, che non vengono sacrificati per cercare di passare tutto il tempo con la donna con cui vorrebbe stare.
L’uomo che fugge (o anche la donna che fugge) di solito riescono a gestire meglio la loro ricerca d’affetto in un armonioso equilibrio tra ricerca d’affetto e quella d’indipendenza. Si tratta di soggetti dalla personalità forte e di conseguenza più attraente. C’è da dire che il bisogno e la dipendenza dell’Altro espressa in forma eccessiva, a differenza di quanto si possa credere, fa paura e allontana. Amare troppo non fa per niente bene all’Altro che si sente sovraccaricato di una grande responsabilità, ovvero un amore smisurato che in caso di rotture può portare a sofferenze devastanti. Questo non vuol dire non si debba amare tanto, alla follia, ma riuscire a miscelare nella magia di storia affettiva l’amore per noi stesse noi stessi e quello per il compagno o la compagna fa star bene noi e meglio l’Altra/o. In genere le persone sono attratte da chi è forte e sta bene. Una persona felice con se stessa ovvero felice tra i suoi problemi, le sue fatiche e le sue gioie, piace, attrae.
Le donne non amano gli uomini che restano (e tendono a stancarsene o a rifiutarli dopo un po’) per vari motivi. Gli uomini bisognosi, che “restano” sembrano avere una vita poco interessante: se mollano tutto per stare con lei o non hanno niente da preservare, oppure non sono molto equilibrati a livello mentale. Un ragazzo che concentra tutti i suoi interessi su una ragazza evidentemente ha una vita vuota. E perché mai una donna dovrebbe “sposare” questa vita vuota il cui unico progetto consiste nel stare con lei? Molto meglio un uomo che ha interessi, che può condividerli, trascinandola in un’avventura alla scoperta di essi. Per una donna avere a che fare con un uomo che rimane è complicato, diventa a un certo punto impossibile da gestire. Si sente come l’unico elemento della sua vita: finisce per essere stretta sotto una morsa. La donna in questa posizione così rilevante è indispensabile all’uomo che resta, all’uomo bisognoso. Una posizione apparentemente di vantaggio, ma che presto diventa ingestibile. Chi vuole sedurre una donna assicurandole un posto così rilevante dal principio, non farà altro che allontanarla. Perché la donna – geneticamente – ha già il suo ruolo delicato nella coppia e mantenerlo le costa tanto. Perché gravarla ed esaurirla mentalmente con una responsabilità del genere?
Le donne infine vorrebbero essere libere nelle loro decisioni. Una donna non deciderà mai basandosi sullo stato di bisogno di un’altra persona, per questo talvolta sembrano egoiste, ma non lo sono. Se una donna si sente come l’unica in grado di riempire un vuoto, difficilmente si assoggetterà a quel ruolo. Vuole più indipendenza di giudizio, decidere per sé, e non c’è nulla che un uomo possa fare per farle cambiare idea, soprattutto se “sente” di dover fare una certa cosa. Una donna sa apprezzare un uomo che non ha bisogno di essere convalidato dalla sua presenza e che sa essere premuroso senza aspettarsi nulla in cambio. Al contrario, un uomo bisognoso, che rimane, è sempre concentrato su sé stesso e pensa che la donna debba ricambiare le sue eccessive attenzioni con qualcosa, quasi sempre il “sesso” o comunque un rapporto.
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Se è vero che l’uomo che fugge attrae di più la donna, è altrettanto vero che la donna che fugge attrae di più all’uomo. Vediamo di capire il perché la donna che fugge piace di più agli uomini. Spesso questa figura del grande seduttore, che riesce ad avere tutte tranne quella più spinosa e complicata, appartiene al cinema romantico, un esempio su tutti è “Via col Vento” che sfrutta questa impostazione sin dal principio. Però è vero che uomini che hanno successo con l’altro sesso, trovino nettamente più eccitante conquistare donne apparentemente difficili o irraggiungibili. Lo status sociale di una persona rende quella conquista più o meno desiderabile. Ne sono consci tutti. L’uomo però non è soggetto da fare grandi differenze. Nella normalità considera soddisfacente stare con una donna che rimane esattamente come con una che fugge. Peraltro è più un problema maschile. Gli uomini, una volta che si sono accasati, tendono ad essere domestici o addomesticati, a calarsi in una situazione nuova, di assopimento, veicolando i propri istinti sul lavoro o la crescita dei figli.
Ma prima di adottare la tecnica “In amore vince chi fugge”, e dunque il fascino dell’ignoto che vale per entrambi i sessi, bisogna considerare delle limitazioni. E cioè, il successo di questa “strategia” coinvolge unicamente la fase iniziale dell’attrazione. Una volta che ci si conosce meglio, se non scatta il famoso quid, tutta l’aura seduttiva dell’ex ignoto evapora in men che non si dica.
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