Il premier indiano Narendra Modi sembra voler dare una svolta nelle tradizioni della società indiana dove è ancora molto presente la pratica dell’aborto selettivo in caso di feti femmine. “Non abbiamo il diritto di uccidere le nostre figlie” ha detto Modi, lanciando lo slogan di una campagna nazionale contro il genocidio intitolata “Beti bachao, beti padhao”, ovvero “Salva tua figlia, educa tua figlia”.
Una pratica molto diffusa e più volte denunciata dalle Nazioni Unite e nonostante lo sviluppo del paese, le donne continuano ad avere un ruolo marginale, tanto che le neonate continuano a diminuire e si calcola che un migliaio di bambine vengano abortite ogni giorno in India e al contempo sono aumentati del 873% i casi di stupro in poco più di mezzo secolo, di cui il 336% negli ultimi 10 anni. Secondo alcuni dati ufficiali del National Crime Records Bureau, come riporta La Stampa “ogni 20 minuti una fanciulla verrebbe abusata sessualmente in India”.
Si tratta di un sistema radicato nella cultura indiana in quanto il 76% ritengono che sia “molto importante” e l’81% delle donne, complici e vittime di questa pratica. Lo stesso premier riferendo alcuni dati ha reso noto che la media in India “è di 918 donne per 1.000 uomini, e che in alcuni distretti del Paese scende addirittura fino a 775 contro 1.000″.
Lo scorso 17 gennaio, un ennesimo fatto di cronaca ha testimoniato questa mentalità: nello Stato nordorientale indiano di Tripura, un padre ha cercato di seppellire viva la figlia di 9 anni perché avrebbe voluto un maschio. La bambina è stata salvata grazie all’intervento di un vicino che ha subito chiamato la polizia. Il vicino ha raccontato che il padre aveva legato le mani della bambina, seppellendola fino al collo.
Un’inversione di tendenza che si sta imponendo anche in Cina dove la politica del figlio unico ha portato ad una selezione dei feti, aborti e a volte ad uccisione delle figlie femmine, tanto che le autorità evidenziando uno squilibrio tra bambini maschi e femmine, hanno deciso di introdurre una nuova misura per vietare l’invio delle analisi del sangue all’estero per poter determinare il sesso del feto; analisi già vietate in Cina.