L’induzione al parto è una pratica che viene spesso utilizzata. Scopriamo cosa è, quando viene utilizzata e quali sono i metodi principali.
L’induzione al parto è una pratica che viene indotta in seguito ad alcune condizioni e ovviamente sotto stretto controllo medico. L’ostetrica Sara Visconti sul sito nurse24.it ha spiegato in modo molto esaustivo i quando, i come e i perché del parto indotto.
Esistono infatti delle circostanze che spingono il medico ginecologo ad indurre il travaglio:
“-la gravidanza post-termine e la prevenzione del post-termine
-la rottura intempestiva delle membrane a termine
-la morte endouterina fetale “
Ed esistono anche delle complicanze della gravidanza che indicano la necessità di un’induzione al travaglio:
“-Disordini ipertensivi
-La Restrizione della crescita fetale/SGA
-La colestasi gravidica
-L’oligoamnios/Polidramnios
-Diabete
-L’eccessiva crescita fetale (LGA)
-La gravidanza gemellare
-Altre come la richiesta materna, motivi logistici o sociali, patologie fetali che richiedono un parto programmato per un eventuale intervento”
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La pratica del parto indotto viene proposta alla futura mamma dal medico ginecologo che dopo aver valutato il grado di maturazione della cervice deciderà quale tra i metodi sia il più adatto. Il parto può essere indotto meccanicamente o farmacologicamente.
L’induzione al parto con farmacologica consiste essenzialmente in due pratiche, la somministrazione di prostaglandine e di ossitocina.
Questa metodologia, come specificato dalla dottoressa Sara Visconti sul sito nurse24.it viene utilizzata nel caso in cui si presenti un cervice ‘sfavorevole’ che non giunga quindi naturalmente alla maturazione.
Le prostaglandine possono essere somministrate sotto diverse forme:
Altro metodo farmacologico con cui il parto viene indotto è la somministrazione di ossitocina, l’ormone che naturalmente induce il parto. L’ossitocina viene utilizzata come specificato sul sito nurse24.it:
“Il meccanismo d’azione consiste principalmente nell’indurre le contrazioni uterine in caso di cervice favorevole e si somministra per via endovenosa”
Si possono verificare raramente degli effetti collaterali ma di lieve entità e le future mamme sottoposte a questo tipo di trattamento farmacologico sono monitorate, come anche il bambino continuamente sotto osservazione ostetrica.
L’induzione al parto oltre che a livello farmacologico può essere praticata meccanicamente attraverso diversi metodi.
La rottura delle membrane anche amniorexi consiste nel rompere meccanicamente le membrane che avvolgono il bambino. Questo metodo dovrebbe indurre una serie di processi naturali come la produzione di prostaglandine endogene.
Dopo la rottura delle membrane, il travaglio può iniziare anche dopo quattro ore. Se invece la rottura delle membrane è avvenuta naturalmente, scopri cosa accade quando arriverai in ospedale.
L’introduzione di un catetere funziona stimolando il collo dell’utero tra due palloncini. Anche questo metodo dovrebbe velocizzare l’arrivo del travaglio provocando la produzione di prostaglandine endogene.
Questo tipo di induzione viene eseguita meccanicamente durante la visita vaginale e dovrebbe stimolare la produzione di prostaglandine endogene. Questa pratica viene effettuata solitamente tra la 40°esima e la 41°esima settimana e la procedura come descritto sul sito nurse24.it :
“La procedura consiste nell’inserzione di un dito profondamente nella cervice uterina fino a raggiungere l’orifizio uterino interno e il polo inferiore delle membrane fetali che viene quindi separato meccanicamente in alto e circolarmente, fin dove possibile, dal segmento uterino inferiore”
Lo scollamento delle membrane, nella maggior parte dei casi si è rivelata efficace nello stimolare l’inizio del travaglio e il parto naturale spontaneo.
Fonte: nurse24.it