Le principali infezioni neonatali vengono trasmesse dalla mamma al proprio bebè durante la gravidanza. Le infezioni si verificano ad ogni età, ma sono motivo di grande preoccupazione nei neonati, perché, specialmente se prematuri, hanno un sistema immunitario immaturo e sono più suscettibili alle infezioni. Sebbene alcuni anticorpi protettivi passino dalla madre al feto attraverso la placenta (l’organo che fornisce nutrimento al feto), i livelli di anticorpi nel sangue del feto possono non essere sufficienti a combattere un’infezione.
Il Global Burden of Disease Study 2015 riporta che le infezioni in epoca neonatale rendono ragione di almeno 600.000 decessi in epoca neonatale ogni anno nel mondo. La distribuzione dei patogeni che causano infezione nei neonati, diversa da quella che si riscontra in età pediatrica e adulta, varia secondo i giorni di vita del neonato e dell’età gestazionale alla nascita. Le infezioni contratte dalla futura mamma durante la gravidanza possono essere trasmesse al feto e, dopo il parto, possono colpire il bambino, con effetti diversi. Le infezioni virali colpiscono, secondo le stime, dal 6 all’8% dei nati vivi, mentre quelle batteriche, che hanno conseguenze più severe, interessano circa il 2% dei bambini nati. L’importanza della prevenzione delle infezioni durante la gravidanza è fondamentale per tutelare la salute della donna e del neonato. Scopriamo dunque quali sono queste infezioni, come possono essere trasmesse e come prevenirle.
Alcuni virus possono essere trasmessi verticalmente da madre a figlio in seguito allo sviluppo, da parte della madre, di un’infezione primaria, ricorrente o cronica. La trasmissione materno-fetale dei virus, che può avvenire in utero (infezione congenita), durante il travaglio del parto (infezione perinatale), oppure attraverso l’allattamento (infezione postnatale), può causare aborto spontaneo, morte fetale, ritardo di crescita intrauterino, anomalie congenite e patologie neonatali o postnatali di diversa entità. Alcuni fattori di rischio sembrano influenzare l’incidenza di trasmissione materno-fetale dei virus, come ad esempio la presenza di altre infezioni virali, la carica virale materna, il tipo di infezione (primaria o ricorrente), la durata della rottura delle membrane, la modalità con cui avviene il parto, le condizioni socio-economiche e l’allattamento. Oggi è possibile prevenire la trasmissione materno-fetale di molti virus grazie all’utilizzo di vaccini, immunizzazione passiva e farmaci antivirali. Il rischio di trasmissione delle infezioni perinatali e postnatali, inoltre, può essere diminuito evitando l’allattamento o ricorrendo ad un parto cesareo.
I neonati sono comunemente considerati vulnerabili ai microrganismi a causa della cosiddetta immaturità immunologica neonatale, anche definita paralisi immunologica o tolleranza immunologica dell’epoca neonatale. Tale concetto, utilissimo a rendere ragione della maggiore suscettibilità neonatale alle infezioni a livello di popolazione, non spiega la variabilità inter-individuale delle risposte neonatali contro i microrganismi. Solo una piccola proporzione dei neonati esposti a un dato microrganismo sviluppa un’infezione grave, mentre la maggior parte dei neonati è colonizzata senza sviluppare infezioni clinicamente evidenti.
Gli studi epidemiologici hanno identificato fattori che contribuiscono al rischio di sviluppare un’infezione grave in epoca neonatale. Sulla base di tali fattori il rischio individuale può essere stimato e possono essere messe in atto strategie preventive. Le maggiori infezioni che si possono riscontrare sono divise in:
Sono infezioni contratte nel grembo materno. Un’infezione del feto, che può verificarsi in qualsiasi momento prima della nascita, deriva da un’infezione della madre. Talvolta i medici e la madre sono a conoscenza dell’infezione, altre volte no. L’infezione della madre si trasmette al feto attraverso la placenta. Le infezioni più comuni trasmesse attraverso la placenta comprendono:
Esistono anche molte infezioni più rare che possono colpire il feto prima della nascita. I problemi per il feto dipendono dall’organismo che causa l’infezione e dal momento in cui la madre la contrae durante la gravidanza. I problemi comportano:
Un’infezione può causare o no sintomi nella madre. Le infezioni prenatali, quindi congenite, sono legate a una trasmissione del microrganismo infettivo nell’utero, attraverso la placenta o in seguito alla rottura delle membrane. Alcune di queste infezioni risultano particolarmente rischiose se contratte durante lo sviluppo del feto, e possono provocare, nei casi più gravi, l’interruzione della gravidanza stessa.
Un’infezione può essere acquisita durante il parto se il canale del parto, attraverso cui passa il bambino, è infetto oppure, in caso di parto ritardato, se un’infezione risale nella vagina dopo la rottura delle membrane. La trasmissione avviene attraverso le mucose del neonato, che vengono colonizzate dal microrganismo infettivo. Anche la necessità di utilizzare tecniche di monitoraggio fetale invasive durante il travaglio o il ricorso a manovre ostetriche di rianimazione sulla donna possono essere veicolo di trasmissione di alcune infezioni.
Le infezioni che possono svilupparsi durante il parto comprendono
A volte queste infezioni possono essere trasmesse anche attraverso la placenta.
Le infezioni post parto sono quelle che avvengono da dopo la nascita al primo mese di vita. L’infezione può essere trasmessa attraverso goccioline di secrezione della respirazione, lesioni e ferite o con l’allattamento al seno.
Alcune delle infezioni così contratte possono risultare particolarmente pericolose per il sistema immunitario ancora debole del bambino, per questo è opportuno evitare il contagio in caso di infezione materna conclamata. Un’infezione contratta dopo la nascita può verificarsi anche se i neonati vengono a contatto con operatori sanitari, familiari o visitatori infetti in ospedale o a casa.
Le infezioni neonatali, generalmente, sono causate da batteri o virus e, meno comunemente, da funghi o parassiti. Fra i batteri vi sono:
Mentre i virus comprendono:
Alcune infezioni che possono colpire soggetti di qualsiasi età causano particolari problemi al feto o al neonato.
Si definiscono infezione early-onset (esordio precoce) ed infezione late-onset (esordio tardivo) le infezioni che si verificano rispettivamente nelle prime 48-72 ore di vita o dopo le prime 48-72 ore di vita; specificamente per lo streptococco di gruppo B si definiscono infezioni precoci ed infezioni tardive quelle che si verificano durante o dopo i primi 6 giorni di vita. Il GBS è in gran parte degli studi il patogeno più frequentemente isolato nei neonati a termine durante la prima settimana di vita, e tra le più frequenti cause di sepsi e meningite dopo la prima settimana di vita. In studi recenti si rileva un incremento della proporzione di infezioni causate da Escherichia coli, più spesso associate a infezione delle vie urinare, in neonati a termine di età compresa tra 1 settimana e 3 mesi.
In neonati di peso molto basso (< 1500 g alla nascita) i batteri Gram-negativi sono i più frequentemente isolati nelle infezioni precoci, mentre nelle infezioni con esordio tardivo sono più spesso isolati i batteri Gram-positivi, seguiti dai Gram-negativi e dai funghi. Le infezioni profonde da Candida ed altri funghi sono eccezionali in neonati a termine senza comorbilità. Alcune delle più gravi infezioni del neonato comprendono:
Sotto un profilo clinico, i neonati con infezione grave possono essere distinti in due gruppi principali:
1) Neonati con una condizione medica nota: cioè con condizioni come prematurità grave, malformazioni urinarie o altre malformazioni d’organo, patologie neurologiche, necessità di procedure invasive mediche o chirurgiche, esposizione a farmaci, o condizioni che richiedono ricovero in terapia intensiva neonatale (TIN) comportando esposizione a patogeni nosocomiali, sono per se sufficienti a spiegare l’aumentata vulnerabilità ai microrganismi che colonizzano cute e mucose. In tali condizioni, singoli fattori a elevata penetranza clinica (es. malformazioni urinarie) o il concorrere di più fattori spiegano la suscettibilità alle infezioni, ed è probabile che solo una piccola proporzione del rischio sia spiegata dalla variabilità genetica individuale;
2) Neonati a termine senza condizioni mediche identificabili. Le infezioni gravi in tali neonati si verificano frequentemente in assenza di fattori predisponenti evidenti. I fattori di rischio epidemiologici noti, la carica microbica, la virulenza del ceppo infettante e le specificità e i livelli degli anticorpi antimicrobici specifici materni contribuiscono al rischio, ma non sono sufficienti a spiegare il verificarsi di infezioni gravi a livello del singolo individuo. È probabile che meccanismi molecolari di suscettibilità non ancora identificati possano spiegare le differenze inter-individuali di risposta ai microrganismi. Pertanto, dal punto di vista dell’ospite, le infezioni in questo gruppo di neonati possono essere considerate condizioni idiopatiche.
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Spesso in gravidanza i sintomi per le infezioni in corso non hanno specifica sintomatologia e, risultano dunque asintomatiche. E’ dunque di elevata rilevanza la conoscenza microscopica di ogni possibile sintomo. Per questo è opportuno l’impiego di esami di laboratorio per individuare la presenza di un’infezione in corso.
Durante la gravidanza gli esami di screening vengono proposti di routine alle donne, soprattutto nel caso di categorie a rischio. Tali esami consistono nel dosaggio di anticorpi IgM e IgG, che consentono di rilevare la presenza dell’infezione.
Se l’infezione è contratta prima della nascita può accompagnarsi ad anomalie nello sviluppo del bambino, come ritardo della crescita, sordità, microcefalia e problemi neurologici.
Nel neonato colpito da infezione invece possono manifestarsi sintomi come febbre, manifestazioni cutanee, diarrea o vomito, scarso appetito. Segni e sintomi nei neonati tendono ad essere aspecifici (come per es., alimentazione scarsa, incremento della sonnolenza o letargia, ipotermia, tachipnea, eruzioni cutanee, distensione addominale). Molte infezioni congenite acquisite prima della nascita possono causare o essere accompagnate da vari sintomi o anomalie (per es., restrizione della crescita, sordità, microcefalia, anomalie, ritardo di crescita, epatosplenomegalia, alterazioni neurologiche).
La prevenzione è fondamentale per evitare il contagio, e passa per il rispetto delle norme igieniche. Ecco le regole principali per evitare di entrare in contatto con agenti contaminanti:
L’infezione da streptococco è la più frequente severa causa di infezione precoce neonatale (a meno di 7 giorni dalla nascita). Esso è un batterio presente naturalmente nel tratto gastrointestinale e genitale della donna in maniera asintomatica. Tuttavia, in condizioni ad esso favorevoli, lo streptococco beta emolitico di gruppo B si trasforma da commensale ad opportunista patogeno. Circa 150.000 gravide sono positive al test GBS (Group B Streptococcal) ogni anno. Secondo le linee guida, si possono utilizzare due approcci per identificare le pazienti che dovrebbero essere trattate con profilassi antibiotica intrapartum: il primo approccio è basato sul trattamento antibiotico solo sulla base di fattori di rischio, quali prolungata rottura prematura delle membrane amniocoriali (> 18 ore), febbre materna, intrapartum (≥ 38°C), parto prematuro (< 37 settimane), precedente figlio con infezione neonatale, batteriuria durante la gravidanza; il secondo approccio, in base alle Linee Guida sulla Gravidanza Fisiologica, è quello basato sullo screening universale vagino-rettale tra 35 e 37 settimane di gestazione con trattamento antibiotico intrapartum solo delle donne risultate positive. Infatti, la colonizzazione da GBS può essere intermittente o transitoria, perciò il valore predittivo positivo di un esame colturale eseguito a più di 5 settimane dal parto è basso e risulta di scarsa utilità clinica.
Nel caso in cui venga diagnosticata un’infezione dopo il parto, al neonato può essere somministrata una terapia antibiotica mirata o a largo spettro. Una terapia antibiotica mirata è possibile quando l’agente infettivo è individuato con certezza, se invece il microrganismo non è riconosciuto si procede con una cura antibiotica generica.
Una diagnosi medica viene ovviamente, fatta dopo un’accurata e profonda visita medica e degli esami medici appositi. I medici sospettano un’infezione sulla base dei sintomi o di anomalie (come difetti congeniti) del neonato e dei risultati di un esame obiettivo. Un’ampia varietà di infezioni, inclusa la sepsi, deve essere considerata nei neonati malati alla nascita o subito dopo, in particolare in quelli che presentano fattori di rischio. Infezioni come la rosolia congenita, la sifilide, la toxoplasmosi e il cytomegalovirus devono essere ricercate nei neonati con anomalie come la restrizione della crescita, sordità, microcefalia, anomalie, epatosplenomegalia o alterazioni neurologiche.
I dottori eseguono anche analisi di sangue, liquido spinale, urine, saliva o tessuti del neonato per stabilire quale organismo stia causando l’infezione. Può essere analizzata anche la madre.
Le infezioni vengono trattate in base all’organismo che le causa. Il trattamento primario per una presunta infezione batterica nel neonato è la terapia antibiotica empirica d’emergenza con farmaci quali ampicillina e gentamicina o ampicillina e cefotaxima. La scelta finale dei farmaci è basata sui risultati delle colture simili a quelle degli adulti, poiché i microrganismi infettanti e la loro sensibilità non sono specifici per i neonati. Tuttavia, la dose del farmaco e la frequenza sono influenzati da numerosi fattori, quali l’età e il peso.
Le infezioni batteriche possono essere trattate con antibiotici. Mentre, alcune infezioni virali possono essere trattate con farmaci antivirali.
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