Un libro non finito, ultima testimonianza di uno scrittore travagliato
“Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita… Non voglio parlarne, basti sapere che è una specie di “summa” di tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie“. Così Pier Paolo Pasolini descrive la sua ultima opera di narrativa, Petrolio, destinata a rimanere incompiuta per l’improvvisa, tragica scomparsa del poeta.
Ricordiamo che Pasolini fu ritrovato morto all’Idroscalo di Ostia, assassinato in circostanze ancora non spiegate, e per una tragica fatalità proprio nella periferia suburbana di Ragazzi di vita, il primo romanzo destinato a dargli fama e popolarità, ma incriminato di oscenità.
Iniziato nei primi anni Settanta, durante la crisi petrolifera mondiale, e portato avanti fino alla morte, Petrolio è un gigantesco frammento di quello che avrebbe dovuto essere un romanzo di circa duemila pagine. Un’enciclopedia del racconto, che comprende ogni registro della scrittura.
Appunti, annotazioni sparse, alcune scritte a mano, altre dattilografate, senza ordine, senza numerazione, spesso sparpagliate in un ordine-disordine che solo il genio di Pasolini poteva comprendere. Un impressionante libro nero, pubblicato solo nel 1992.
Da questi frammenti vien fuori una disperata ricerca umana, un’esplorazione dei misteri della sessualità e insieme uno spaccato dell’Italia del boom con la sua presuntuosa politica economica, tra oscuri complotti di potere e stragi di stato rimaste impunite.
Un romanzo da non perdere, di un’attualità sempre sorprendente. Da brivido.