Lo scorso gennaio, Chedonna aveva parlato della nuova applicazione per Smartphone, attivata dal social network Facebook, negli Stati Uniti denominata “Amber Alerts” tesa ad aiutare nelle ricerche dei bambini scomparsi.
Un fenomeno sempre più crescente a livello globale e nazionale, così come si desume anche dai dati ufficiali del governo italiano per cui dal 1 gennaio 1974 al 30 giugno 2013, in Italia sarebbero scomparsi 11’615 bambini e solo nel 2013, si sono perse le tracce di 695 minori contro i 601 del 2012.
Scomparse minori e i pericoli dei social network
Molto spesso ci dimentichiamo di queste tragedie vissute dalle famiglie, se non fossero casi eclatanti come la piccola Denise Pipitone. Ma c’è chi continua silenziosamente a lavorare sui questi casi tra scomparse e violenze, emerse anche da indagini penali per sfruttamento sessuale di minore. Anche in questo caso, sono aumentati i reati di pedofilia nel Belpaese soprattutto nei confronti dei bambini tra i 0-3 anni, come recentemente illustrato dal Rapporto Meter.
Se da una parte la polizia postale ha avviato numerose campagne di sensibilizzazione sul tema evidenziando i pericoli della rete e dei social per i minori che rischiano di essere facili prede, dall’altra gli scafali continuano a riempirsi di schede con liste di bambini di cui non si hanno più notizie, divisi per età, area geografica e tipologia familiare, con tanto di fotografie segnaletiche del minore, rapito nel periodo della sua innocenza, dove lo si vede felice, magari in riva al mare o all’ingresso della scuola.
Elementi che aiutano a capire alcune dinamiche e a localizzare attraverso i legami di parentela dove possa essere scomparso il minore.
In questo drammatico scenario, gli esperti ricordano anche quell’universo di criminali depravati che, fingendosi spesso un’altra persona, cercano le loro vittime, tentando di adescarli attraverso i più disparati canali, a cominciare dalla rete e di conseguenza i social network.
Come prevenire i pericoli della diffusione di immagini dei minori
Ecco perché non solo dal punto di vista mediatico, nel settore del giornalismo, è stata firmata la Carta di Treviso, per rispetto della privacy delle famiglie delle vittime, mirata alla tutela dei minori per cui è vietato diffondere fotografie di minori coinvolti in vicende di cronaca o in altri casi.
Dal punto di vista dei social network, il pericolo invece è sempre in agguato in quanto i bambini possono essere facilmente individuati e localizzati attraverso la diffusione delle fotografie per cui i criminali elaborano dei veri e propri screening dei profili dei genitori o amici. Non a caso la Carta di Treviso indica dal punto di vista giornalistico che “va … evitata la pubblicazione di tutti gli elementi che possano con facilità portare alla … identificazione [del minore], quali le generalità dei genitori, l’indirizzo dell’abitazione o della residenza, la scuola, la parrocchia o il sodalizio frequentati, e qualsiasi altra indicazione o elemento: foto e filmati televisivi non schermati, messaggi e immagini on-line che possano contribuire alla sua individuazione”.
Un principio che gli esperti invitano a seguire anche da chi è genitore o ha minori in famiglia, invitandoli pertanto a fare massima attenzione nella divulgazione delle foto dei bimbi, inserendole in un album con accesso riservato ai parenti più stretti, invitando gli stessi alla non condivisione e alla non memorizzazione dell’immagine sul proprio hard disk.