La lettera confessioni dell’ex fonico dei Modà. Sono stati diffusi alcuni stralci delle motivazione della sentenza emessa dal giudice per l’udienza preliminare di Milano Franco Cantù Rajnoldi, con la quale, lo scorso 10 ottobre, Paolo Bovi, ex fonico del gruppo rock Modà, è stato condannato a 5 anni e mezzo di reclusione per molestie sessuali su quattro minori tra i 14 e i 16 anni, ma anche per tentata evasione, in quanto Bovi si strappò il braccialetto elettronico per tentare il suicidio durante gli arresti domiciliari.
La lettera confessioni dell’ex fonico dei Modà
Tra le carte della sentenza emerge anche una lettera, trovata a casa del fratello di Paolo, nella quale l’ex fonico scrisse ai suoi genitori il 13 marzo del 2014, prima di tentare il suicidio, ammettendo di essere malato: “Purtroppo sono ammalato di pedofilia: l’ho capito quando per la prima volta alle superiori ho sentito quella parola e l’ho cercata sul vocabolario”, avrebbe scritto Bovi, spiegando di essere “malato da tantissimo tempo, per quello che riesco a ricordare già dalle scuole medie. Sono sempre stato un bambino sensibile, dolce e sincero e ho sempre creduto che ogni cosa che dicevano papà e mamma erano la verità. Per me quello che mi dicevano i miei genitori era la cosa più importante, sono sempre stato buono e volevo conoscere il mondo come tutti”.
Parole ingenue, dense di sentimenti, che mostrano in poche righe la tragedia interiore vissuta da Bovi. Una lettera che per il gup si aggiunge a “dichiarazioni sostanzialmente ammissive di responsabilità” rese durante un interrogatorio condotto dal pm lo scorso 6 giugno.
I fatti antecedenti alla condanna dell’ex fonico dei Modà
Secondo quanto trapelato, gli abusi sui minori risalirebbero al 2011, quando Bovi svolgeva il ruolo di educatore in una parrocchia nella provincia di Milano. In base alle testimonianze delle vittime, le violenze non si sarebbero consumate nella parrocchia, ma in altri luoghi come un campeggio in Val d’Aosta, durante una gita organizzata dall’oratorio, oppure presso lo studio di registrazione di Bovi a Cassina de ‘Pecchi, a Milano.
Una delle vittime, che all’epoca dei fatti aveva 13 anni, ha raccontato che “non mi sentivo in grado di dire di no, perché ho sempre seguito i suoi consigli anche in campeggio e gli sono sempre andato dietro: non era uno sconosciuto ma lo sentivo come un fratello grande del quale fidarmi ciecamente. Mi sono sentito tradito e poi ho compreso che era successa una cosa gravissima”.
Inoltre, altre violenze si sarebbero verificate nel settembre 2011 a Cassina de ‘Pecchi, dove il fonico avrebbe coinvolto il minorenne in un gioco mirato a concludersi in abusi sessuali: il gioco induceva per l’accusa a “compiere e a subire atti sessuali”, in quanto come ricorda la vittima, “prevedeva, quale penitenza, bere rum oppure togliersi un capo di abbigliamento”.
“Ricordo che dopo tanto rum mi girava la testa e mi veniva da ridere, a quel punto lui ha detto che si toglieva le mutande e io dovevo togliere sia i pantaloncini che le mutande”, ha dichiarato il minore.
Indagini su abusi minorili
L’indagine è partita nel 2013, quando il parroco di Cassina de’ Pecchi Don Paolo Mandelli, dopo aver ricevuto le confidenze di due ragazzi sui presunti abusi di Bovi, nel settembre del 2011, invitò quest’ultimo ad allontanarsi dalla parrocchia. Solo nell’aprile del 2013, il parroco avvisò i genitori di uno dei ragazzi coinvolti a cui seguirono le querele sporte dai genitori dei due minorenni il 26 giugno e il 19 luglio 2013.