La paura di abbracciare e di essere abbracciati può condizionare profondamente la vita di una persona, soprattutto nell’ambito delle sue relazioni sociali e amorose. Come uscirne?
La paura di abbracciare si inserisce in una più generale paura del contatto fisico, che può essere relativa a persone del sesso opposto o a tutte le persone, indistintamente dal loro genere sessuale.
La paura del contatto fisico, scientificamente indicata con il nome di afefobia, nasce da una mancanza di abitudine al contatto nel corso dell’infanzia.
Questo significa che risulta estremamente probabile che le persone che non hanno ricevuto coccole da piccoli siano più propense, una volta arrivate all’età adulta, a sviluppare l’afefobia.
Ma perché il contatto fisico è così importante nella nostra vita di tutti i giorni?
L’abbraccio, o più in generale il contatto fisico, è in grado di spingere il corpo a produrre un ormone chiamato ossitocina, più comunemente conosciuto con il nome di ormone della felicità.
Questo ormone agisce positivamente sull’umore e sul senso di benessere psicologico e fisico che siamo in grado di provare nel corso della nostra vita quotidiana.
Inoltre, il contatto fisico è fondamentale per uno sviluppo corretto del nervo vago, che attraversa gran parte dei nostri organi interni e che li fa “reagire” anche in base alle emozioni che proviamo.
Oltre ai suoi effetti biologici e chimici scientificamente dimostrabili, però, il gesto dell’abbraccio ha un significato culturale che può cambiare leggermente da cultura a cultura ma che, in linea generale, indica sempre accettazione, affetto, protezione. Inoltre, dal tipo di abbraccio che si condivide si possono capire molte cose della relazione che intercorre tra due persone.
Ci sono culture in cui ci si abbraccia di più e culture in cui ci si abbraccia di meno: non è un caso che i paesi dell’America Latina o i Paesi Mediterranei, dove il contatto fisico è estremamente frequente, siano considerati “paesi più felici” rispetto a Paesi dove il contatto fisico è limitatissimo e regolamentato da una lunghissima e complessa serie di regole (come accade in Giappone).
Come già accennato, il motivo per cui molte persone sviluppano la paura di abbracciare è da ricercare nella loro infanzia. È estremamente probabile, infatti, che nei primi anni di vita di queste persone si siano verificati dei problemi che hanno coinvolto in qualche modo il contatto fisico.
Studi condotti negli Stati Uniti hanno dimostrato che i bambini orfani, i quali hanno necessariamente ricevuto meno affetto e contatto fisico quando erano molto piccoli, hanno livelli di ossitocina più bassi nel sangue e, come se non bastasse, nella maggior parte dei casi hanno sviluppato un rifiuto totale per il contatto fisico, poiché hanno semplicemente imparato a fare a meno di esso e hanno cominciato a vedere in ogni contatto fisico una potenziale minaccia per la loro integrità fisica ed emotiva.
Purtroppo però, in quanto individui ancora molto vulnerabili, i bambini sono esposti ad abusi di vario tipo, anche di natura sessuale. In questo caso specifico è più naturale che si sviluppi la paura di abbracciare le persone dello stesso sesso del molestatore.
A prescindere dagli abusi o dalle sofferenze emotive generatesi nel corso dei primi anni di vita, la paura di abbracciare può essere collegata a un’altra paura come quella dei germi o delle malattie.
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In quest’ultimo caso, il contatto fisico con l’altro non è affatto sentito come una minaccia del proprio spazio o della propria integrità emotiva. Al contrario, è visto come un potenziale veicolo di contagio.
Non c’è bisogno di specificare quanto la Pandemia di Coronavirus abbia acuito questo tipo di problemi relazionali. Le persone che già prima rifuggivano il contatto fisico per paura di essere contaminate oggi sentono di avere totalmente ragione e si sentono perfettamente in diritto di rifiutare completamente qualsiasi contatto fisico.
La paura di abbracciare o di essere abbracciati può essere affrontata in maniera risolutiva soltanto cominciando un percorso di psicoterapia.
L’obiettivo dello psicologo sarà far comprendere al paziente, in maniera semplice e razionale, quali sono i meccanismi che hanno portato la sua psiche a rifiutare il contatto fisico.
La terapia psicologica più adatta a questo tipo di problematica è la terapia cognitivo – comportamentale, che consente di scendere in profondità nella storia personale del paziente e portare alla luce i traumi e i problemi emotivi sepolti più a fondo nella sua psiche.