Il dramma di essere madre: sindrome del nido e sindrome del nido vuoto

Molte donne, soprattutto le future madri, sanno perfettamente di cosa si parla quando si tratta di “Sindrome del Nido”, ma spesso sono completamente impreparate ad affrontare la “Sindrome del Nido Vuoto”: ecco cos’è, perché e quando si presenta e come reagire.

tristezza
(Pexels)

Avere un bambino comporta, per una donna, una continua altalena di emozioni estremamente intense, che cominciano addirittura prima del concepimento (speranza, desiderio, o paura, frustrazione e rabbia se non si riesce a concepire).

Mano a mano che la gravidanza va avanti e il parto si avvicina le donne vanno incontro a una serie di comportamenti tipici che “scandiscono” il loro rapporto con il proprio bambino.

Bisogna sottolineare che entrambi i genitori sono esposti a questo tipo di dinamiche emotive, ma che di certo la madre è più esposta, a causa del rapporto intimo ed estremamente profondo che instaura nel corso dei 9 mesi della gravidanza con il proprio bambino.

Il concetto di Nido si presenterà più volte nell’emotività di una madre, in due distinte fasi del rapporto con il figlio o con i figli. La prima è caratterizzata da energia, gioia e speranza, mentre la seconda si riferisce a un insieme di emozioni estremamente negative che possono avere pessime conseguenze non soltanto sul benessere della madre, ma anche su quello dell’intera famiglia.

Per questo motivo è fondamentale che le donne siano consapevoli di quello che accade alle loro emozioni nel corso del loro lunghissimo e complesso rapporto con i figli.

Sindrome del Nido: cos’è e quando si manifesta

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(Pexels)

Si potrebbe definire la Sindrome del Nido come quell’iperattività e quell’eccesso di energie che si impossessano delle madri alla fine della gravidanza.

Anche se hanno passato moltissimi mesi a preparare ogni cosa affinché tutto fosse perfettamente pronto ad accogliere il nuovo bebè, un numero enorme di future madri decide di impiegare gli ultimissimi giorni prima del parto per pulire la casa da cima a fondo e in particolare la camera destinata ad accogliere il bambino, per fare un’enorme scorta di cibo da tenere in casa per le prime settimane, oppure per rivoluzionare completamente l’armadio che contiene le cose del piccolo, insomma per mettere a punto gli ultimi dettagli (che non sono mai gli ultimi, e rimarrà sempre, costantemente, inevitabilmente, qualcosa che si sarebbe potuto “fare meglio”).

I motivi? Assolutamente irrazionali. Le madri prossime al parto sentono semplicemente il bisogno spasmodico di prevenire ogni inconveniente, curare ogni dettaglio affinché il loro nido sia il più accogliente possibile per ospitare il nuovo arrivato.

Questa iperattività, che a volte sfinisce le future mamme, serve semplicemente a tenere a bada l’ansia e a scaricare la tensione donando alla stesso tempo la convinzione (o meglio l’illusione) che sia tutto perfettamente sotto controllo. Naturalmente le cose non saranno mai del tutto controllabili, ma l’illusione basterà a calmare almeno in parte l’ansia da parto imminente.

L’allevamento del pulcino

made ee figlio
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Nel (lungo) periodo in cui il bambino avrà bisogno di cure e attenzioni costanti una madre si sentirà completamente assorbita dalla sua “missione”.

Questo significa che molte donne, anche inconsciamente, finiscono per annullare del tutto se stesse per riuscire a rispondere adeguatamente alle esigenze dei propri bambini, spesso imponendo a se stesse standard altissimi e finendo per raggiungere livelli di stress inimmaginabili.

Se non posseggono una sufficiente maturità emotiva i genitori, e in particolare le madri, finiscono per proiettare sui propri figli tutta l’insoddisfazione accumulata nel corso della propria vita e, in particolare, durante il periodo di accudimento del figlio.

Questo significa che spesso le madri vivono attraverso i figli, di realizzazione riflessa quando i figli conseguono determinati risultati. Questo accade perché le madri, a volte anche in maniera completamente inconsapevole e spinte dai meccanismi sociali considerati normali, si annullano completamente come persone per trasformarsi solo in “esseri accudenti”. Non avendo potuto realizzare le proprie aspirazioni, desiderano che siano i figli a realizzarle per loro.

Questo tipo di attaccamento quasi morboso si manifesta attraverso un’attenzione e un controllo costanti nei confronti dei figli e del loro operato e spesso in una continua esaltazione dei risultati che hanno raggiunto, anche quando in realtà i risultati in questione sono perfettamente nella media.

La Sindrome del Nido Vuoto: il reale pericolo della depressione

sindrome del nido vuoto
(Pesels)

Tutti i bambini crescono, anche se questa semplicissima affermazione è una delle verità più dure da accettare per una madre, soprattutto per una madre che ha scelto di annullare la propria vita per accudire i figli.

I bambini si trasformano in adolescenti e gli adolescenti in giovani adulti, che esattamente come pulcini in un nido, prima o poi imparano a volare e spiccano il volo.

Questo significa, com’è naturale che sia, che prima o poi abbandoneranno il nido per costruirsi una propria indipendenza.

In linea teorica tutti i genitori lavorano proprio a questo scopo, cioè al fine di crescere dei figli autonomi e in grado di costruire con le proprie forze la vita che desiderano. Il problema però è che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare tempestoso dell’emotività.

Quando un figlio si laurea, si sposa, cambia città o semplicemente cambia casa, magari andando a convivere con la sua compagna o il suo compagno, potrebbe manifestarsi nei genitori e in particolare nella madre la Sindrome del Nido Vuoto.

Nel momento in cui la casa si svuota la persona che ha svolto compiti di accudimento fino a quel momento si ritrova senza uno scopo, senza impegni quotidiani, senza attività che scandiscano il ritmo delle sue giornate.

Un periodo di transizione emotiva, durante la quale i genitori e la madre in particolare faranno un po’ fatica a “ricalibrare la propria vita” senza il figlio o i figli è perfettamente normale.

Il problema si pone nel momento in cui la fase di transizione si protrae troppo a lungo, addirittura per mesi o per anni durante i quali la madre continua a vivere in funzione dei figli anche quando questi hanno ormai costruito la propria vita lontano dal nido familiare.

Comportamenti tipici della Sindrome del Nido Vuoto sono telefonate continue o continua ricerca di contatto di altro tipo (messaggi, videochiamate eccetera), intromissione costante nella vita del proprio figlio al fine di continuare a essere informata su tutti gli aspetti del suo presente e possibilmente del suo futuro, incapacità a creare una vita centrata su di sé.

Quest’ultima parte comporterebbe un’enorme fatica, cioè la scoperta o la riscoperta di hobby o di passioni che un tempo magari si coltivavano e che con l’arrivo dei figli sono stati messi da parte.

Si possono aiutare le persone con la Sindrome del Nido Vuoto?

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(Fonte: Pixabay)

Se la Sindrome del Nido Vuoto si protrae troppo a lungo può cominciare a manifestarsi con sintomi tipici della depressione, anche in forma leggera.

Tra questi ci sono certamente:

  • mancanza di energia fisica e mentale
  • apatia e mancanza di entusiasmo
  • mancanza di interesse nei confronti di tematiche esterne alla propria famiglia e in particolare alla vita dei figli
  • incapacità di trovare nuovi interessi o a riprendere in mano quelli vecchi
  • irritabilità, nervosismo, attacchi d’ansia
sindrome del nido vuoto
(Autore: Olga Luce)

Superare la Sindrome del Nido Vuoto è possibile e talvolta addirittura semplice, a patto di guardare con onestà alla propria situazione prendendone coscienza e agendo in maniera da contrastarla.

Cercare di coltivare nuovi interessi e amicizie è assolutamente fondamentale, così come organizzare piccole vacanze o gite fuori porta al fine di uscire dalle quattro mura di casa, all’interno delle quali la mancanza dei figli si manifesta in maniera insopportabile.

Il sostegno del partner ovviamente in questa situazione si rivela assolutamente fondamentale, soprattutto perché spesso, diventando genitori, due coniugi si dimenticano di essere stati, prima di tutto, innamorati, amanti e complici. Quando il nido si svuota, forse è il caso di riscoprire la vita di coppia.

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