Smog e morti premature. C’è collegamento? Città italiane a rischio

Alcune città italiane sono in cima alla classifica per morti premature legate a smog e inquinamento atmosferico. Lo dice la scienza. Scopriamo quali sono

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Smog, inquinamento atmosferico e decessi prematuri. Esiste un collegamento diretto tra questi fattori? Per la scienza un legame c’è. E’ allerta massima in molte città italiane. A lanciare l’allarme è una recente classifica stilata a livello europeo e pubblicata su The Lancet Planetary Health. Nell’elenco sono incluse 1000 città del Vecchio Continente. La ricerca si riferisce al numero di morti premature attribuibili all’inquinamento atmosferico. Si tratta di decessi che si sarebbero potuti evitare e che sono riconducibili ai due principali inquinamenti esaminati, ovvero il particolato sottile (PM2.5) e il biossido di azoto (NO2).

Con il primo lockdown ad inizio pandemia, nel Nord Italia si è registrato un calo consistente dei livelli di smog. Un risultato significativo, determinato dallo stop alla mobilità veicolare e alla produzione industriale. E’ stato come se l’atmosfera avesse fatto un respiro profondo, rigenerandosi. L’ambiente, seppur per poco tempo, ha riavuto indietro ciò che era suo. Nei giorni in cui l’uomo era confinato in casa, in tutta Italia, si è assistito ad un vero e proprio risveglio della natura: animali a passeggio per i parchi e, persino, le papere nei Navigli milanesi.

A tutto questo si sommi pure la recente chiusura del buco dell’ozono, con record in Antartide. Che l’uomo con le sue abitudini possa avere un’incidenza sull’ambiente è ormai un dato oggettivo. Il problema però nasce quando, questo impatto, diventa poco sostenibile per la natura. Dopo la “parentesi felice” del lockdown, smog e inquinamento atmosferico hanno ripreso a crescere. Stando alla classifica pubblicata su The Lancet Planetary Health, due città italiane destano maggiore preoccupazione. Ecco quali sono.

Smog città italiane: ecco a chi va la maglia nera

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Secondo la classifica stilata dalla nota rivista scientifica, la maglia nera italiana per smog e inquinamento atmosferico va a Bergamo e Brescia. In queste due città infatti, stando a quanto evidenziato dall’indagine scientifica, ci sarebbero molte morti premature legate all’inquinamento da PM2.5. Nelle prime dieci posizioni rientrano anche Vicenza e Saronno. Inoltre, le due città italiane dove l’inquinamento da biossido d’azoto (NO2) colpisce di più sono Torino (al terzo posto) e Milano, che si piazza invece alla quinta posizione.

Lo studio rileva che nelle città europee, 51.900 morti legate ai due tipi di inquinamento in esame, si sarebbero potute evitare mantenendosi al di sotto delle soglie indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Anche in Italia, rispettando gli standard e le raccomandazioni dell’Oms, si potrebbero evitare ogni anno circa 13mila decessi prematuri. Insomma, servirebbe una maggiore attenzione, così da garantire un pieno rispetto dell’ambiente.

E’ utile anche approfondire il discorso sulle principali fonti di produzione di particolato sottile (PM2.5) e biossido di azoto (NO2). Secondo un recente studio realizzato da Greenpeace, in collaborazione con ISPRA, in Italia riscaldamento e allevamenti intensivi sono responsabili in totale del 54% del PM2.5. L’incidenza degli allevamenti è strettamente collegata al numero degli animali ospitati, che è in costate crescita. Si è passati infatti dal 7% del 1990 al 17% nel 2018. Secondo Greenpeace, inoltre, l’allarme sarebbe maggiore per le zone italiane con tanti allevamenti intensivi. E’ il caso del bacino padano che, peraltro, include le due città italiane ai primi posti della classifica stilata, dove anche la mortalità da Covid-19 è stata piuttosto alta.

Il legame tra Covid e inquinamento atmosferico non è stato ancora scientificamente provato. Tuttavia molti esperti ipotizzano che un’esposizione continua alle polveri sottili potrebbe rendere le persone più vulnerabili al virus. Vero è, comunque, che in alcune zone d’Italia ad alta concentrazione d’inquinamento, il Covid-19 non ne vuole ancora sapere di mollare la presa. Servono politiche mirate per promuovere uno sviluppo eco-sostenibile. Un valido aiuto in tal senso potrebbe arrivare dai fondi europei del Recovery Fund.

Come si diceva poc’anzi, anche il biossido d’azoto rappresenta una seria minaccia per l’ambiente. I responsabili delle produzione di NO2 sono, principalmente, i mezzi di trasporto. L’intero settore (tra mezzi pubblici e privati) oltre ad impattare sulla qualità dell’aria, produce circa un quarto delle emissioni di gas serra in Italia. E’ fondamentale invertire subito la rotta, dicendo basta ai combustibili fossili. L’alternativa indicata dagli esperti è quella di una mobilità sostenibile, meglio ancora se elettrica e condivisa. In tal senso, la rivoluzione dovrebbe coinvolgere tutte le città italiane.

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Secondo Greenpeace la bozza del Recovery Plan girata al Parlamento, ha trascurato la mobilità urbana. Ragion per cui, l’associazione, ha chiesto al governo di raddrizzare subito il tiro, rivedendo sia le proposte che le cifre allocate.

 

 

 

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