Il Gip di Bergamo Ezia Maccora ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dalla difesa di Massimo Bossetti, il muratore di 44 anni, in carcere dal 16 giugno con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio, scomparsa nel novembre del 2009 da Brembate di Sopra il cui corpo fu poi ritrovato dopo tre mesi, il 26 febbraio del 2010, a Chignolo d’Isola.
Il gip di Bergamo Maccora così come i giudici del tribunale del Riesame di Brescia, aveva già respinto la richiesta l’11 settembre 2014.
La scorsa settimana, la difesa di Bossetti, alla luce di una nuova perizia effettuata dai consulenti dell’accusa, aveva però presentato una nuova richiesta di scarcerazione in base alla mancata corrispondenza tra Dna mitocondriale e quello nucleare, emersa dai risultati degli esami condotti sul corpo della vittima, così come sugli abiti, gli attrezzi e il furgone sequestrati all’indagato.
Nella motivazione del giudice per le indagini preliminari di Bergamo è stato evidenziato il pericolo di reiterazione del reato. Inoltre, il Gip ha respinto la richiesta anche in base a quanto è stato depositato di recente dal pm sulle ricerche nel computer di Bossetti riguardanti minori fino al maggio 2014 e la testimonianza d’una donna che ha detto d’averlo visto l’estate prima dell’omicidio di Yara con una ragazzina fuori dalla palestra di Brembate di Sopra. Elementi che amplierebbero la gravità degli indizi nei confronti di Bossetti.
“Il Dna nucleare ha identificato Bossetti. L’accertamento sul Dna nucleare è il solo che può portare all’identificazione di un singolo soggetto”, ha sottolineato il Gip, ricordando che ha “ricondotto il profilo di Ignoto 1 a Massimo Giuseppe Bossetti”. Il giudice ha poi spiegato che il Dna mitocondriale trovato sul corpo di Yara e che non è risultato appartenere a Bossetti viene invece usato “in casi particolari”.